Bollicine di D’Araprì nell’ultimo libro di Andrea Zanfi

zanfi03

Ci sono anche le bollicine di D’Araprì nell’ultimo libro di Andrea Zanfi zanfi02Fa piacere trovare nell’ultima fatica del poliedrico giornalista e scrittore toscano Andrea Zanfi dedicata a Le Puglie, storie di terre e di vini, edita da Salvietti e Barabuffi, tra tante pagine dedicate a produttori di corposi e saporiti vini rossi figli di vitigni come Uva di Troia, Primitivo e Negroamaro, alcune pagine dedicate ad una cantina che pur operando in Puglia ha scelto, non oggi che la moda delle “bollicine” si è estesa anche alla terra dei trulli, ma nel lontano 1979, oltre trent’anni fa, di dedicarsi, con spirito pioneristico, alla produzione di metodo classico (non Charmat). Questo in quel di San Severo di Foggia, nel cuore della Capitanata di Puglia, e basando tutto o quasi sul vitigno autoctono identitario, quel Bombino bianco arrivato, si dice, in zona intorno al 1200 portato dai Templari di ritorno dalla Terra Santa.
zanfi01Meritava di essere raccontata in questo libro l’avventura di Girolamo D’Amico, Louis Rapini e Ulrico Priore, il trio di amici che ha dato vita alla realtà D’Araprì, (marchio che nasce dalle iniziali dei tre cognomi), perché è la storia di un’azienda esemplare che ha avuto coraggio e fantasia, scegliendo di percorrere strade che all’epoca potevano apparire utopiche o stravaganti, ma poi con il tempo si sono rivelate pienamente azzeccate. Anche il puntare sul vitigno locale, noto per esprimere vini bianchi non di grande esuberanza aromatica, ma ricchi di un’acidità naturale, poteva sembrare azzardato, ma piuttosto che piantare, anche qui, Chardonnay (in seguito pianteranno anche Montepulciano e una piccola parte di Pinot nero), perché non puntare sull’uva di casa sfruttando il lungo ambientamento su terreni calcarei-argillosi con presenza di limo e sabbia (si calcoli che la percentuale di sabbia è del 30% e del 24% quella di limo), ricchi di sostanza organica e posti ad un altitudine tra 80 e 100 m. in leggera pendenza?
Oggi la gamma è ampia e comprende ben sei tipologie di metodo classico, il Brut e il Pas Dosé cuvée di Bombino bianco e Pinot nero, il Rosè di Montepulciano e Pinot nero, la Gran Cuvée, mix di Bombino, Montepulciano e Pinot nero, la Dama Forestiera, prodotta solo in magnum nelle grandi annate, mix di Montepulciano e Pinot nero con 48 mesi di affinamento sui lieviti. Il vino che io amo di più e che credo simboleggi meglio di ogni altro lo stile aziendale è la Riserva Nobile millesimata, 36 mesi di affinamento sui lieviti, per il quale viene utilizzato in purezza il Bombino bianco, che anche in condizioni di caldo mantiene un bel corredo acido e assicura vivacità e freschezza al vino e un sorprendente variegato e piacevole corredo aromatico. Una cosa mi piace sottolineare nella cantina D’Araprì, essersi dotata (ne potete leggere le linee direttive sul sito Internet) di una carta etica e di qualità aziendale, che prevede ad esempio l’impiego esclusivo delle uve dell’agro di San Severo, la presenza del Bombino bianco o del Montepulciano per un minimo del 60% in tutte le cuvée, l’impiego del solo mosto fiore per la preparazione dei vini base e un dosage contenuto. Tutti elementi di grande importanza che danno la misura del modo di lavorare di questa bella realtà produttiva meridionale. zanfi04 Vai al Blog