AFFINAMENTO DEI VINI BIANCHI SU FECCE IN BOTTE

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L’affinamento su fecce in fusto aiuta a padroneggiare i fenomeni di riduzione e protegge gli aromi ed il colore del vino. Il fusto è un prezioso alleato che apporta complessità aromatica e gustativa: è solo questione di savoir-faire.

Premessa.
Le regioni viticole stimate per i loro grandi vini hanno mantenuto inalterato il processo bourguignon di elaborazione dei vini bianchi che consiste nello svolgere la fermentazione alcolica ed eventualmente malolattica in fusto, seguite da un affinamento di più mesi sulla biomassa totale. Nel corso di questo affinamento, le fecce di lievito sono regolarmente rimesse in sospensione tramite batonnage al fine di omogeneizzare il potenziale di ossidoriduzione dei vini e di evitare in questo modo che il vino si ossidi in superficie e si riduca a livello delle fecce. Le fecce di lieviti posseggono, in effetti, notevoli proprietà riduttrici che spiegano in gran parte il loro ruolo essenziale durante l’elaborazione dei vini di « garde ».
I progressi dell’enologia consentono oggi di comprendere come la vinificazione e l’affinamento dei vini bianchi secchi sulle fecce totali in fusto, modo di vinificazione stabilito in maniera empirica, consentono di ottenere il più delle volte vini al tempo stesso più aromatici e più stabili di quelli elaborati in vasche. Oltre alla presenza del legno che si aggiunge alla complessità aromatica e gustativa del vino, i composti ceduti dal lievito nel corso della sua autolisi favoriscono la stabilizzazione naturale del vino e proteggono il suo colore ed i suoi aromi da un’evoluzione prematura. Inoltre, l’ossidazione controllata che si produce in fusto consente di evitare i fenomeni di riduzione, rischio maggiore associato ad un affinamento su fecce totali.

Controllo dei fenomeni di riduzione.
Quando la vinificazione è realizzata in fusto, se i difetti di riduzione non si sono manifestati nel corso della fermentazione alcolica, è molto raro che possano comparire successivamente nel corso dell’affinamento. La rimessa in sospensione delle fecce tramite batonnage, associata all’ossidazione controllata prodotta attraverso il legno sono sufficienti, in effetti, ad evitare la formazione di composti solforati nauseabondi responsabili degli odori di ridotto. Si osserva, in particolar modo, una progressiva diminuzione dei tenori di idrogeno solforato (H2S) e di metantiolo in un vino conservato in fusto. Del resto, questa diminuzione dei tenori di composti solforati è tanto più rapida in quanto il vino è conservato in fusti nuovi, più ricchi di tannini catalizzatori di ossidazione.
Tuttavia, il controllo relativamente facile dei fenomeni di riduzione durante l’affinamento in fusto non autorizza affatto il vinificatore a trascurare i parametri della vinificazione che favoriscono la formazione dei composti solforati :
• bassa della torbidità dei mosti (valori compresi tra 100 e 200 Ntu) ;
• solfitaggio ragionevole dei mosti (< 8 g/hL) ;
• preparazione appropriata delle barrique prima del riempimento ;
• solfitaggio differito a fine fermentazione alcolica.
In effetti, qualunque sia il fusto utilizzato, che sia nuovo o vecchio, se il vino presenta un difetto di riduzione a fine fermentazione alcolica, dovrà tassativamente essere travasato e separato definitivamente dalle sue fecce per eliminare il difetto di riduzione. La qualità dell’affinamento risulterà allora largamente compromessa, in particolar modo se il vino è affinato in fusti nuovi. In effetti, in assenza delle fecce, la protezione degli aromi e del colore nei confronti dell’ossidazione non è più assicurata.

Attenuazione dell’impatto olfattivo e gustativo del legno dalle fecce.
L’utilizzo della barrique influisce naturalmente sulla composizione del vino per via delle sostanze aromatiche e polifenoliche cedute dal legno di quercia.
In questo modo, molecole odoranti come gli isomeri del metil-ottalattone e la vanillina, possono modificare le caratteristiche organolettiche dei vini elaborati in fusti conferendo loro un aroma boisé più o meno intenso.
Si sconsiglia, per esempio, di mettere nel legno nuovo vini che hanno fermentato in vasche, contrariamente a quello che si è soliti fare con la vinificazione in rosso. Nel procedere in tal modo, il « carattere boisé » del vino bianco diventa dominante e sminuisce la qualità complessiva del vino. In effetti, il tenore di vanillina di un vino messo in botte dopo fermentazione alcolica è molto più importante di quella dello stesso vino fermentato e conservato in fusto. Questo fenomeno si spiega con la riduzione biochimica della vanillina in alcol vanillico.
In presenza di fecce, l’impatto organolettico di questi diversi composti è largamente attenuato. I lieviti, in effetti, sono in grado di fissare sulle loro pareti cellulari alcuni composti aromatici, come gli ellagitannini estraibili del legno.
Si comprende quindi che, nel corso di un affinamento su fecce totali in fusto, il carattere boisé non predomina nel vino e che i rischi di ossidazione e di sapori amari legati alla presenza di quantità eccessiva di tannini di quercia siano molto limitati.

Protezione del colore dei vini.
Oggi è chiaramente stabilito che l’affinamento su fecce limita l’evoluzione del colore del vino verso tonalità gialle; l’assorbimento dei composti fenolici del vino e del legno sulle pareti dei lieviti spiega questo fenomeno. Questa proprietà molto particolare dei lieviti è del resto utilizzata in enologia per trattare i vini accidentalmente macchiati.
La presenza delle fecce nel corso dell’affinamento previene anche la comparsa di colorazione rosa dovuta all’ossidazione dei vini bianchi. Alcuni vini bianchi secchi sviluppano, in occasione di una leggera ossidazione durante i trattamenti di stabilizzazione o di imbottigliamento, un’evoluzione particolare del loro colore verso tonalità grigio rosa. Questo problema, da tanto tempo segnalato nella letteratura australiana ed americana, si verifica più frequentemente nei vini giovani provenienti da mosti particolarmente ben protetti dall’ossidazione nel corso della vinificazione. Un indice di sensibilità alla comparsa di colorazione rosa (SR) può essere determinato da una misurazione di densità ottica. Quest’indice è stabile durante l’affinamento di un vino in assenza di fecce, mentre diminuisce sensibilmente quando il vino è conservato su fecce totali.

Protezione dell’aroma dei vini bianchi secchi.
Nel corso dell’affinamento in fusto, le fecce giocano un ruolo determinante nella protezione degli aromi del vino nei confronti dell’ossidazione. In effetti, un grande vino si caratterizza innanzi tutto dalla sua capacità di preservare, nel corso della sua conservazione in bottiglia, gli aromi del o dei vitigni da cui proviene e di sviluppare particolari sfumature aromatiche : empireumatico, minerale, tartufo. Si parla di « bouquet di riduzione ». Del resto si può ritenere che affinare un vino consiste nel portarlo ad un equilibrio di ossidoriduzione favorevole allo sviluppo di questo bouquet durante la conservazione in bottiglia.
Perciò, un affinamento in fusto su fecce totali ben condotto, cioè con adattamento del tenore di anidride solforosa, colmatura regolare del fusto e frequente batonnage, consente di ottenere vini bianchi aromatici e di « grande garde ».
L’interpretazione di questo fenomeno è dovuta a due proprietà notevoli delle fecce di lievito, ovvero la loro capacità di :
• combinare l’ossigeno disciolto ;
• liberare nel vino nel corso dell’autolisi composti riduttivi, in particolar modo glutatione , che proteggono il vino dall’ossidazione.
Questi due fenomeni consentono di preservare durante l’affinamento in fusto la capacità all’invecchiamento del vino bianco.

Stabilizzazione naturale dei vini, miglioramento della struttura.
Mantenuti a contatto con le fecce, i vini novelli si intorpidiscono sempre meno sotto l’effetto del calore. Correlativamente, l’ottenimento della loro stabilità proteica richiede dosi più deboli di bentonite.
Da un punto di vista pratica, il miglioramento della stabilità proteica nel corso dell’affinamento su fecce in fusti è fortemente influenzato dalla durata dell’affinamento, la quantità di fecce, l’età dei fusti e la frequenza dei batonnage.
Allo stesso modo, i vini bianchi conservati in fusti su fecce totali, dopo diversi mesi acquisiscono sovente una stabilità tartarica, il che li dispensa da ulteriori trattamenti a freddo.
Così, l’autolisi progressiva dei lieviti nel corso dell’affinamento su fecce porta alla liberazione nel vino di macromolecole costitutive della parete cellulare dei lieviti, le mannoproteine. L’arricchimento del vino in mannoproteine migliora sensibilmente e naturalmente la sua stabilità nei confronti delle precipitazioni proteica e tartarica.
Contrariamente ad una tenace diceria largamente diffusa, le mannoproteine liberate durante l’autolisi dei lieviti non intervengono nel miglioramento della struttura del vino nel corso dell’affinamento su fecce. Eppure la sensazione di corposità, di untuosità e persino di zuccherosità percepita nei più grandi vini al termine del loro affinamento in fusto è effettivamente reale. Le molecole che procurano al vino questo carattere soave non sono state identificate ad oggi. Tuttavia potrebbero trattarsi di peptidi o di proteine..

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