Alla scoperta di una Puglia insolita, terra di bollicine e cuochi contadini

Gambero Rosso.it
Lunedì, 23 Dicembre 2013 11:04

Scritto da  Dario Bragaglia

Fra Capitanata e Daunia, c’è una regione lontana da quell’immagine vacanziera tutta mare e spiagge assolate. È una Puglia insolita, ricca di soddisfazioni enogastronomiche in bilico tra presente e passato. Ecco la nostra proposta per un viaggio alla scoperta del tacco d’Italia, tra tradizione contadina e scommesse enologiche.

Ci sono molte Puglie, cosa comprensibile in una regione che fra il Gargano e la punta del Salento misura circa 400 chilometri. E fra le tante realtà che compongono il mosaico pugliese, certamente la Daunia è fra le meno conosciute. Un po’ defilata dai grandi flussi turistici, comincia a prendere forma dove la Capitanata si alza verso l’Appennino con dossi collinari che si fanno più marcati man mano che ci si spinge verso l’interno. Non è un caso che i geografi definiscano quest’area Subappennino Dauno.

Sulla strada della Daunia ci fermiamo a San Severo, popolosa cittadina attorniata da vigneti: terra di Capitanata con vista sull’Appennino. Qui a dominare è il vitigno bombino bianco. Nell’ormai lontano 1979, tre amici-soci ebbero l’intuizione di utilizzare queste uve per la spumantizzazione seguendo il metodo classico. La cantina D’Araprì è nata da questa sfida, persino un po’ temeraria per l’epoca. Ma, a distanza di oltre trent’anni, si può dire che i risultati non sono mancati. L’azienda ha oggi una sua precisa identità spumantistica e etichette come la Dama Forestiera o Pas Dosé sono ormai dei piccoli classici nel loro genere e tengono alto il vessillo delle bollicine in terra pugliese. Il bombino bianco gioca il ruolo che lo chardonnay ha nelle classiche cuvée della Champagne e qui si sposa con il pinot noir o il montepulciano. Per comprendere il contesto dove maturano gli spumanti targati D’Araprì si raccomanda una visita alla cantina. Siamo nel centro storico di San Severo e la porticina d’ingresso sembra dare accesso a una comune casa privata. Mai fidarsi delle apparenze, perché la scala che scende dal locale dove vengono accolti gli ospiti immette in un vero e proprio labirinto sotterraneo. Sono le cantine settecentesche, dove c’è spazio a sufficienza per ospitare concerti. A guidarci nella visita è Ulrico Priore il “prì” del nome dell’azienda che è un acronimo composto dalle iniziali dei cognomi dei soci (insieme a Priore, Girolamo D’Amico e Louis Rapini). “La produzione si attesta sulle 70-80 mila bottiglie annue e per le magnum adottiamo ancora il remuage a mano” spiega Priore facendoci strada fra corridoi e stanze dove la temperatura è stabile tutto l’anno fra i 10 e i 14 gradi. Si arriva fino adun grande e magnifico ambiente, recuperato nel 2002, che un tempo era un frantoio ipogeo.
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