Coppa o Flûte ?

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Lo spumante è pronto e imbottigliato e aspetta soltanto di essere gustato si pone un problema: come bisogna servirlo? Il vino rosso rende meglio in un bicchiere a coppa ampia e aperta. Il vino bianco si serve tradizionalmente in un calice a tulipano. Ma qual è il bicchiere piú adatto per servire lo spumante? Tralasciando strumenti fantasiosi e poco concordi all’uso, come scarpe col tacco a spillo, vasche da bagno o altro di cui il comune senso del pudore non ci permette di parlare, lo spumante ha finora avuto, nella sua lunga vicenda, essenzialmente due “forme” con cui essere gustato: la coppa e la flûte. Oggi la maggior parte della gente sceglierebbe una flûte e farebbe bene per diverse ragioni. Tuttavia questo tipo di bicchiere non è sempre stato il prescelto per servire lo spumante, difatti la storia ha dato ragione a entrambe le forme. Chi di noi non ha mai udito dire da qualcuno: “mi porti una coppa di champagne?” “Perché la coppa per un vino che fa dell’effervescenza la sua primaria forma di corteggiamento esteriore?”, si potrebbe obiettare.
La moda della coppa, tecnicamente nota come coppa champagne, è durata dall’inizio del Settecento fino agli anni ’70 del Novecento; secondo una leggenda questo bicchiere sarebbe stato modellato sui celebri seni di Madame de Pompadour, amante di Luigi XV, re dal 1715 al 1774.
La passione di Madame de Pompadour per lo champagne era ben nota: sempre lieta di berlo, a quanto pare, sembra anche che rivelasse con orgoglio alle dame di corte, desiderose di conoscere il segreto della sua bellezza e del suo aspetto sempre fresco, che tutto dipendeva soltanto «dal vino capace di farti apparire al meglio la mattina dopo una festa scatenata».

Esiste però un’altra leggenda secondo cui la coppa di champagne sarebbe stata modellata in porcellana alla fine del XVIII secolo sul seno della famosa regina Maria Antonietta, moglie di Luigi XVI.

Altri miti fanno risalire l’origine della coppa all’Inghilterra, dove sarebbe stata disegnata senza un modello particolare, ma specificatamente per bere champagne. Ci basti dire che l’origine della coppa di champagne è ancora fonte di dibattiti interessanti durante i cocktail party ma resta, in ogni modo, sconosciuta.

Ma il motivo principe perchè un tempo lo champagne si beveva in coppa era perchè esso era prevalentemente un vino dolce, e non come lo conosciamo oggi, ovvero secco. La coppa era quindi uno strumento più che appropriato con il quale sorseggiarlo. In verità aveva anche un’altra funzione: permetteva una maggiore facilità di dispersione delle bollicine, poco gradite alle donzelle della nobiltà europea dell’epoca, che consideravano l’effervescenza la principale responsabile del fatto che lo champagne dava “alla testa”. Quando gli inglesi, storici e colti narratori dell’arte del bere, imposero il loro gusto dello champagne secco al resto d’Europa, si iniziò a usare un bicchiere più stretto, privilegiando di conseguenza anche un maggior persistere delle tanto discusse bollicine. Fu solo un caso che furono i francesi (insieme ai russi) fra gli ultimi ad abbandonare la moda di bere champagne dolce? Ma non scendiamo in discorsi di carattere storico-antropologico.

Pur essendo ancora molto popolare, la classica coppa champagne in realtà non permette di gustare pienamente le qualità del vino che contiene (anche se alcuni appassionati di questo bicchiere non saranno d’accordo). Ampia e poco profonda, la coppa, tende a essere un bicchiere instabile e facile da far cadere; inoltre non permette alle eleganti file di bollicine del vino di mostrarsi al meglio.

Oggi, nelle situazioni formali, lo spumante viene servito in flûte dal gambo lungo (un calice allungato e slanciato con coppa profonda e di forma conica). La forma stretta e allungata della flûte esalta e accentua il flusso di bollicine che risale verso la sommità mentre l’area superficiale, poco estesa, concentra i profumi che le bollicine trasportano e rilasciano quando scoppiano. L’ampia superficie della coppa incrementa la dispersione dei gas mentre la forma slanciata della flute mantiene piú a lungo la bassa temperatura del vino e la sua effervescenza.

L’immagine mostra le differenze comportamento tra una flûte e una coppa da spumante tutti e due con il punto perlate sul fondo del bicciere. Le figure sono ottenute utilizzando alcune tecniche sperimentali inizialmente sviluppate per l’industria aerospaziale per evidenziare il movimento del fluido generato in un bicchiere di spumante. Un laser ad argon genera un fascio laser che taglia il bicchiere lungo un piano di simmetria. Questi tomogrammi dimostrano eloquentemente che il mescolamento dello spumante è molto diverso a secondo se si utilizza la flûte o la coppa. Nel caso della coppa con punto perlage, solo la parte centrale è investa dall’agitazione generata dalla colonna di bollicine che nascono dalle incisione del fondo. Tuttavia, l’ampia apertura della coppa impedisce il mescolamento del fluido al di là della zona centrale con conseguente creazione di zone morte alla periferia della coppa. Chiaramente, queste zone , dove il mescolamento è minimo, partecipano meno attivamente allo sviluppo degli aromi e della CO2, rispetto alla zona centrale.
Al contrario, l’uso di una flûte con punto perlage consente una miscelazione completa di tutto il suo contenuto. L’anello a vortice occupa l’intero volume della flûte ottenendo come risultato un’agitazione uniforme dello spumante, facilitando così sia l’omogenizzazione delle molecole aromatiche all’interno che lo scambio olfattivo con la superficie.

Ora, è vero in assoluto che sia una gioia per i nostri occhi vedere quel lento e ritmico salire di perfette e brillanti piccole sfere all’interno di un bicchiere di cristallo. Inoltre, una perfetta fattezza e una non fugace, ma crescente e permanente regolarità del perlage è indice di maestria nell’arte della vinificazione dei vini effervescenti. Lo stesso dicasi per ciò che concerne la luminosità del colore di siffatto vino: la sua tanto ammirata, eccelsa brillantezza, dipende prevalentemente dallo sprigionarsi di tali bollicine. Ma è altrettanto vero che è gioia ancor più grata odorare e restare ammaliati dal soave profumo che un bicchiere di spumante sa donarci, al di là di semplici sentori di lieviti o croste di pane. Quindi, se versato in un bicchiere con un’apertura maggiore, è di sicuro più facilmente “ascoltabile” dal nostro naso.
Tutto, o comunque molto, dipende però dalla specificità del vino. Per uno champagne o spumante alquanto esile e giovane, che vuol fare della freschezza e della vivacità le sue caratteristiche primarie, può andar bene anche un bicchiere con un’apertura non particolarmente accentuata, che faccia sì che arrivino da subito all’olfatto quei sentori primari, fioriti e cremosi, che solleticheranno e gratificheranno le nostre narici; anche la vecchia e cara flûte allora può andar bene. Uno champagne/spumante di nobile struttura, con caratteri organolettici che aspirano di più alla complessità, ha bisogno di un bicchiere più ampio e più aperto, in cui una maggiore presenza di ossigeno riesca meglio a liberare tutte le sostanze volatili in esso contenute.

Anche se la flûte ha una ragion d’essere: visivamente fa ammirare il valore delle bollicine (più sono fini e persistenti, più hanno qualità), però poi al palato il vino scende sulla punta della lingua (ed è giusto perché lo spumante secco è innanzitutto acidulo) e non ai lati dove la percezione acida si amplificherebbe. Ma, oltre ad un problema di naso che si incaglia, la flûte sarebbe inadeguata per la percezione di tutti gli altri sensi, avendo un bacino troppo esiguo. Oggi si preferisce meglio un bicchiere ampio a tulipano chiuso.

In ogni modo, prima di stappare una bottiglia di spumante e servirlo, occorre ricordare il vecchio detto: «ciò che l’orecchio sente il palato lo perde». Invece di togliere il tappo con uno scoppio, bisognerebbe lasciarlo scivolare fuori con una sorta di lieve sospiro. Stappare rumorosamente una bottiglia di spumante è tipico di chi ama svolgere questo compito. Con ciò, peraltro, non voglio dire che stappare «con il botto» una bottiglia di spumante non sia divertente… occorre però tenere a mente che un tappo incontrollato, fuoriuscendo da una bottiglia, può raggiungere una velocità di 50 km/h e dunque, se colpisce qualcuno in un occhio, può provocare seri problemi e mutare drammaticamente il corso di qualsiasi serata romantica abbiate programmato.
Un’altra conseguenza spiacevole che può talvolta verificarsi quando si apre una bottiglia di spumante è il cosiddetto gerbage, come si chiama in Francia, cioè la fuoriuscita di vino dalla bottiglia. Il gerbage si verifica quando, togliendo il tappo, un’effervescenza eccessiva all’interno della bottiglia determina l’improvvisa emissione di spuma di spumante. I piloti delle auto da corsa si divertono ad accentuare questo fenomeno agitando vigorosamente la bottiglia prima di stapparla. In questo caso minuscole bollicine restano intrappolate al di sotto della superficie del liquido perciò, quando la bottiglia viene stappata, la riduzione di pressione fa sí che queste piccole bolle si espandano molto rapidamente e cerchino di occupare tutto lo spazio disponibile nella bottiglia. Come risultato il liquido viene spinto fuori dalla bottiglia in forma di un’incontrollabile fiotto di spuma.

MAI LA PLASTICA !!

Come versare lo spumante ?
Liger-Belair e collaboratori nel 2009 hanno testato due modi di servire 100 millilitri di spumante in una classica flûte:
1. si è versato lo spumante direttamente al centro di una flûte posta verticalmente (è il modo di servizio più frequentemente utilizzato nella ristorazione);
2. si è versato lo spumante lungo le pareti della flûte inclinata, allo stesso modo come un barmen riempie un bicchiere di birra.

Dopo aver versato i 100 ml di spumante nella flûte si è misurata la quantità di anidride carbonica disciolta nella flûte. Il risultato è senza appello! Lo spumante che è stato servito nella flûte inclinata contiene più CO2 disciolta rispetto alla flûte in posizione verticale. La spiegazione di ciò è molto semplice. Inclinando la flûte al momento del servizio, lo spumante esce dalla bottiglia e riempie la flûte più dolcemente rispetto a quando viene “brutalmente” versato nella flûte verticale. Si perde dunque meno del prezioso gas disciolto servendo lo spumante nella flûte inclinata, che permette allo spumante di preservare la sua effervescenza per maggior tempo rispetto al modo tradizionale di riempire la flûte (servizio verticale).

E’ possibile vedere l’anidride carbonica che scappa ?
L’anidride carbonica che “scappa” mentre versiamo lo spumante nella flûte è invisibile perchè è perfettamente trasparente alla luce visibile alla quale i nostri occhi sono sensibili, difatti nella figura che riporta la sequenza temporale del riempimento della flûte noi vediamo solo il liquido e la sua schiuma. La molecola di CO2 invece assorbe (e quindi è visibile) ad una lunghezza d’onda specifica nel campo della luce infrarossa. Filmando il riempimento di una flûte di spumante in una camera dotata di sensori all’infrarosso è possibile vedere la perdita di CO2 mentre si versa lo spumante dalla bottiglia per riempire la flûte.

L’anidride carbonica (più pesante dell’aria) scivola lungo le pareti esterne della flûte. A partire dalla concentrazione di CO2 disciolta misurata nella flûte è possibile misurare il volume di CO2 (considerato come un gas perfetto) perso al momento del servizio (espresso in cm3), in funzione della temperatura dello spumate e del modo di versarlo. Il grafico sottostante riporta il volume di anidride carbonica perduta al momento del sevizio, in funzione dei due modi di versare lo spumante e per tre temperature di servizio.

I due modi di versare lo spumante testati si differenziano maggiormente quanto più lo spumante è freddo.
D’altra parte le bolle permettono un mescolamento continuo del vino effervescente. Questi movimenti rinnovano continuamente la superficie del vino e quindi la sua composizione in composti volatili aromatici. Di conseguenza lo spumante che conserva una maggiore effervescenza risulterà, a parità di altre condizioni, olfattivamente più intenso.

Liger-Belair G., Villaume S., Cilindre C., Polidori G., Jeandet P. CO2 volume fluxes outgassing from champagne glasses in tasting conditions : flute versus coupe. J. Agrie. Food Chem. 2009, 57, 4939-4947.