AROMI PRIMARI

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Agli aromi primari – ovvero quelli la cui origine risiede nella materia prima vegetale – appartengono due serie ben distinte dal punto di vista chimico, ma che nel corredo di numerosi vitigni tendono a fondersi, talvolta prevalendo l’una sull’altra: gli aromi varietali e gli aromi ottenuti dai precursori aromatici.

L’aroma varietale preesiste nell’uva, nel mosto e che viene estratto dalle bucce delle uve. è l’aroma del frutto, il “fruttato”, tipico del vitigno, del clone stesso, che può variare d’intensità, di finezza in base al vino, allo stato di maturità dell’uva, al carico fruttifero della vigna. Questi aromi ricordano soprattutto sentori di fiori e di erbe e caratterizzano un numero limitato di vitigni (sono, cioè, specifici di una determinata varietà di uva), i cui più autorevoli rappresentanti sono il Moscato e il Gewürztraminer, chiamati per l’appunto “aromatici”. I loro profumi varietali sono talmente intensi che possiamo sentirne la ricchezza sin dal grappolo; un evento davvero eccezionale esclusivo di queste qualità di uve e di qualche altro vitigno particolare, ad esempio l’uva fragola. I terpeni – definizione chimica per la gran parte degli aromi varietali – sono le molecole più grandi e per questo le più volatili; per tale ragione Moscato e Gewürztraminer colpiscono d’impatto chi li degusta, anche se non possono competere con il “re” dei vitigni bianchi, il Riesling. Il suo corredo odoroso non è altrettanto esuberante ma, di certo, è meno condiviso con le altre varietà di uva. Nonostante la percentuale inferiore di terpeni, questo vitigno/vino ha una riconoscibilità inconfondibile. Oltre a essere uno dei rari vini bianchi da invecchiamento, la specialità del Riesling sono i particolari aromi varietali che si manifestano soltanto dopo alcuni anni di affinamento, pur essendo presenti, dal punto di vista chimico, sin dall’inizio. In misura minore, ma ugualmente significativa, i terpeni caratterizzano Pinot Noir, Brachetto, Müller Thurgau, Sauvignon, Malvasia, Nebbiolo, Carricante e altre varietà diffuse nei climi più freschi.
Quando a prevalere sono sentori di frutta fresca (bianca, gialla, rossa e nera) e di frutta secca “fresca” si tratta con ogni probabilità di odori da precursori aromatici (i riconoscimenti fruttati caratterizzano solo in parte gli odori varietali). Sono molecole meno espansive dei terpeni e si manifestano quando il mosto è preparato per la fermentazione, in genere durante la pigiatura o la pressatura soffice. Chimicamente si parla di aldeidi, la loro presenza è diffusissima e delinea molti vitigni, i cosiddetti “internazionali”, come lo Chardonnay, il Pinot Bianco, il Merlot, i Cabernet, il Syrah e altri ceppi capaci di sfruttare le graduali condizioni di maturazione che offrono posti non caldi. La loro minore complessità odorosa ne ha consentito una diffusione più ampia degli “aromatici”, sia nell’uso in purezza sia come vitigni definiti “migliorativi” nei disciplinari di numerose denominazioni italiane.
Il termine ha nascosto, in una recente fase storica, la scelta poco edificante di aver abbandonato le varietà indigene, più impegnative da gestire e promuovere, a favore di quelle internazionali, facili da coltivare e dalla beva fin troppo elementare. Il paradosso vuole che uno Chardonnay prodotto in Borgogna, il suo primario terroir di adozione, sia meno riconoscibile come tale rispetto a uno realizzato nel Lazio, in Veneto o in California, luoghi nei quali solo di rado ha goduto di una sintesi espressiva capace di andare al di là dei superficiali sentori di frutta bianca e burro fresco.
Il carattere aromatico si attenua progressivamente e al termine di alcuni anni di riserva, è quasi totalmente scomparso per lasciare posto al bouquet. In realtà, i vini di fattura moderna, e si tratta di un progresso delle nostre vinificazioni, conservano meglio l’aroma quando hanno raggiunto la maturazione. Saper invecchiare, significa conservare per lungo tempo le virtù della giovinezza. C’è soprattutto intensificazione e diversificazione dell’odore, vale a dire acquisizione di nuove componenti e trasformazione.
I vitigni cosiddetti neutri, il cui corredo di profumi prevede solo in quantità minime aromi varietali e precursori aromatici, abitano più facilmente nelle zone calde, così il terroir e l’esito climatico dell’annata sono le principali risorse dell’espressione odorosa. Sangiovese, Montepulciano, Nero d’Avola, Grenache (Cannonau), Teroldego, Sagrantino, Carignano, Negramaro, Corvina Veronese, Aglianico, tra le rosse e le nere, e Trebbiano, Verdicchio, Garganega, Ribolla, Albana, Vermentino, Vernaccia, Greco, Grillo, Pigato, Bombino tra le bianche, insieme ad altre varietà di ancor più limitata diffusione hanno fatto dell’Italia la culla della viticoltura indigena. La loro specifica relazione con i territori di adozione impedisce di fatto di esportarle in altri luoghi.

Nell’uva sono stati identificati diverse aldeidi e alcoli C6 dotati di bassa soglia olfattiva. In particolare il mosto fresco è ricco di aldeidi, responsabili di note odorose che ricordano l’erba sfalciata e la frutta acerba.

Approfondimento

I terpeni sono i principali responsabili dell’aroma floreale del vino, essi sono particolarmente coinvolti nell’aroma dei vini Moscato, Malvasia e Gewurztraminer, del Tokay e dei vini Moscato invecchiati. I terpeni sono anche i principali responsabili del carattere floreale comune a molti vini bianchi giovani ottenuti da varietà neutre. Le molecole di natura terpenica sono presenti in quantità rilevanti anche in molti vini rossi tuttavia sembrano però svolgere un ruolo sensoriale meno significativo.

I terpeni vengono classificati per il loro numero di atomi di carbonio in:
monoterpeni (C 10) ;
sesquiterpeni (C 15) ;
diterpeni (C20) ;
triterpeni (C30) ;
carotenoidi (C 40).

I terpeni, a loro volta, possono essere aciclici o lineari (ß-ionone, geraniolo), monociclici (limonene) e biciclici (α-pinene). Nel caso dei sesquiterpeni ci sono anche triciclici e nei diterpeni, tetraciclici e macrociclici. Esistono in ciascun gruppo derivati ossigenati, principalmente alcoli, aldeidi e chetoni. I terpenoli sono i più abbondanti e rappresentano un 50% del totale circa.

All’interno di questa vasta classe di componenti volatili, gli alcoli monoterpenici sono quelli aventi il maggior impatto sensoriale. In particolare, linalolo e geraniolo sono caratterizzati da soglie di percezione notevolmente basse (rispettivamente 15 μg/L e 30 μg/L). La loro concentrazione nel vino viene generalmente impiegata per caratterizzare le differenti varietà di uva.

Approfondimento Terpeni

I C13-norisoprenoidi sono dei componenti volatili raggruppabili in due categorie: strutture megastigmane e non megastigmane a 13 atomi di carbonio, prodotti dalla degradazione dei carotenoidi dell’uva come b-carotene, luteina, neoxantina e violaxantina. Essi presentano proprietà sensoriali di particolare interesse e sono caratterizzati da soglie di percezioni estremamente basse. I C13-norisoprenoidi svolgono un ruolo fondamentale nell’aroma varietale di alcuni vini bianchi quali Chardonnay e Riesling, e di vini rossi Merlot, Cabernet Sauvignon e Shiraz, oltre ad essere presenti in quantità sensorialmente influenti in vini di differenti varietà.

Approfondimento Norisoprenoidi

Le pirazine, spesso presenti come metossi-pirazine, sono dei composti di natura aromatica la cui molecola è costituita da un nucleo di sei atomi contenenti due atomi di azoto (N) in posizione para e quattro di carbonio, uno dei quali è legato ad un gruppo metossilico ed un altro ad un radicale alchilico, la cui natura determina in gran parte le percezioni olfattive di questi composti . Le pirazine conosciute sono solo tre:
– 2-metossi-3-isobutilpirazina ;
– 2-metossi3-sec-butilpirazina ;
– 2-metossi-3-isopropilpirazina.

Approfondimento Pirazine

Infine nell’uva sono presenti differenti composti chimici che, sebbene non volatili ed inattivi sensorialmente, possono liberare durante l’invecchiamento del vino diversi componenti odorosi che vanno ad amplificare la complessità aromatica del vino. Queste molecole non volatili, potenzialmente odorose costituiscono quindi, dei veri e propri “serbatoi di aroma”.
Tutti i composti volatili varietali appartenenti alla classe dei terpeni e dei norisoprenoidi finora identificati nel vino sono presenti in forma glicosidica nell’uva di origine.
Gli acidi ferulici e p-cumarico sono, invece, due precursori d’aroma di natura non glicosidica. Da essi, durante la fermentazione alcolica, nonché a seguito dell’attacco di microrganismi appartenenti alla specie Brettanoyices, possono formarsi composti volatili ad elevata attività odorosa appartenenti alla classe chimica dei fenoli.

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La tabella che segue è un elenco dei principali componenti aromatici dei vini.
Questa lista non include né tutte le vinifere né tutti gli aromi, dal momento che è un argomento ancora in fase di studio e, anche se ne sappiamo già molto, siamo tuttavia lontani da una conoscenza precisa di ciascuna delle molecole che contribuiscono a produrre un determinato aroma, e in quali circostanze appaiono in un vino.

Sono inserite solo le molecole che contribuiscono nettamente al profilo aromatico caratteristico di un vino.
In altre parole, la loro impronta digitale. Dal punto di vista scientifico la “somma” di aromi che forniscono è nota come Potenziale Aromatico Varietale (PAV).
E’ associato ogni qualvolta è stato possibile reperire il dato – ad ogni molecola – il suo limite di rilevazione olfattiva e i suoi valori normali in vini monovarietali, nonchè la parola che definisce meglio dal punto di vista olfattivo ogni molecola.

È importante sottolineare che, per complicare ulteriormente le cose e anche per maggiore divertimento, la natura ha stabilito che una stessa molecola abbia un odore diverso a seconda della concentrazione in cui si trova in un determinato vino.
È il caso, ad esempio del cinnamato di etile, che a 2 ng/L sa di ciliegia o di fiori, a 10 ng/L sa di tostato, curry, e a 15 ng/L sa di caramello. I sostantivi che appaiono nella tabella sono stati tratti sempre dal maggiore consenso possibile tra specialisti dell’argomento.

Ricerche recenti indicano che quasi tutti i vini contengono almeno una dozzina di molecole comuni con Valori di Aroma superiori all’unità.
Nello specifico quattro esteri (butanoato di etile, esanoato di etile, ottanoato di etile e acetato di isoamile) probabilmente responsabili delle note di fruttato.
Quattro acidi (butirrico, esanoico, ottanoico e isovalerianico) che apportano aromi di latte e grasso.
Due alcoli superiori (isoamilico e feniletilico) ed infine il β-damascenone con aroma floreale e il diacetile con aroma di latte.

PRINCIPALI MOLECOLE PRESENTI IN VINI MONOVARIETALI
(non invecchiati in barrique)

Aroma del vino e sua espressione del carattere varietale
Aroma del vino e sue origini
L’aroma del vino è dovuto alla presenza di alcune centinaia di molecole appartenenti a diverse classi chimiche che ne costituiscono la frazione volatile. Le concentrazioni dei composti volatili possono variare da frazioni di ng/L fino a diversi mg/L. La conseguenza di tale variabilità di natura chimica e di concentrazione si traduce in un contributo sensoriale molto variabile sia per la qualità sia per l’intensità odorosa. Le soglie olfattive di tali composti possono infatti differire notevolmente, pertanto alcuni composti presenti in tracce possono svolgere un ruolo chiave nell’espressione dell’aroma di un vino, mentre altri, seppure più abbondanti, possono intervenire in misura minore. Il contributo di ogni molecola volatile all’aroma del vino dipende, inoltre, dalla sua struttura e quindi dalla sua natura chimica e proprietà chimico-fisiche.
I principali meccanismi coinvolti nelle trasformazioni biologiche, biochimiche e tecnologiche che intervengono nella genesi dell’aroma del vino sono: il metabolismo dell’uva, influenzato dalla varietà, ma anche dalle condizioni pedoclimatiche, dalle pratiche viticole, dal grado di maturazione e dallo stato sanitario della materia prima; i fenomeni ossidativi e idrolitici pre-fermentativi che accompagnano la pigiatura e la macerazione delle uve; i metabolismi primari e secondari dei microrganismi che conducono la fermentazione alcolica e la fermentazione malolattica; i processi di cessione e ossidazione che intervengono in caso di affinamento del vino in fusti di legno; le reazioni chimiche ed enzimatiche post-fermentative che hanno luogo durante la conservazione del vino e durante il suo invecchiamento in bottiglia.

Identità sensoriale del vino
Tra i composti volatili che costituiscono l’aroma del vino, le molecole odorosamente attive che provengono dall’uva e che sono espressione caratteristica della varietà, giocano un ruolo determinante nella tipicità e nella qualità dei vini , di cui costituiscono l’aroma varietale. Esiste una differenza sostanziale nel processo di formazione dell’aroma varietale, a seconda che si parli di vini ottenuti da uve aromatiche o da uve neutre. Nel caso delle prime una larga parte dei composti responsabili dell’aroma verietale è infatti già presente in forma odorosamente attiva nelle uve, e pertanto i mosti ottenuti da tali uve possono già presentare parzialmente espressi i caratteri aromatici varietali tipici dei vini finiti (Moscato), eccetto per il contributo di alcune sostanze odorose che si formano in quantità più rilevanti nel corso dell’invecchiamento del vino (Riesling).
Diversamente, per le varietà di uva cosiddette neutre, esse non contengono significative quantità di composti odorosamente attivi e i mosti, caratterizzati da odori erbacei dovuti alle aldeidi a 6 atomi di carbonio, mancano di odore tipico. Ciononostante, da tali uve è possibile ottenere vini che già al termine della fermentazione alcolica sono dotati di caratteristiche di elevata tipicità aromatica che li rendono riconoscibili alla degustazione (Sauvignon blanc, Cabernet, Merlot e Pinot noir).
Quindi, il corredo genetico di una data varietà di uva può indurre diversi meccanismi per rendere l’aroma del corrispondente vino riconoscibile. La via più diretta è senza dubbio quella di indurre la produzione di alte concentrazioni di molecole odorose che siano completamente assenti o presenti in basse quantità in altre varietà: è il caso dei terpenoli per le uve moscato e aromatiche. Il secondo meccanismo prevede l’intervento di precursori specifici. In questo caso il mosto non ha particolari note aromatiche varietali che invece vengono successivamente espresse dopo la fermentazione alcolica o rivelate durante la maturazione: è il caso dei mercaptani, norisoprenoidi, metossipirazine, fenoli volatili, antranilati e cinnammati che rendono riconoscibili alla degustazione molti dei vini ottenuti dalle cosiddette varietà internazionali (Sauvignon, Chardonnay, Merlot, Cabernet, Pinot ecc.). Esiste inoltre un ulteriore meccanismo, molto meno diretto dei due precedenti, con cui i geni di una varietà di uva modulano la sintesi di aromi. La sintesi di amminoacidi e acidi grassi di una cultivar è in gran parte sotto controllo genetico. Queste molecole rappresentano i mattoni utilizzati dai lieviti per la costruzione di proteine e membrane, pertanto i lieviti avranno a disposizione materiale diverso al variare della varietà d’uva da cui è stato ottenuto il mosto in cui essi crescono. Poiché alcuni importanti aromi del vino sono prodotti secondari del processo di costruzione di proteine e membrane, il profilo di questi sottoprodotti è indirettamente controllato dal genoma della varietà di uva. Questo meccanismo è quantitativamente il più importante nella differenziazione di vini prodotti da uve neutre, pertanto, non la composizione quantitativa assoluta, ma la composizione quantitativa relativa, ovvero le proporzioni tra diverse molecole d’aroma, rappresenta un criterio oggettivo per la classificazione dei vini in base alle origini varietali delle uve da cui sono stati prodotti. Da un punto di vista qualitativo, sulla base di quanto riportato, è possibile immaginare uno spazio sensoriale i cui contorni sono definiti dai vini a forte carattere varietale, e all’interno del quale si collocano diversamente i vini ottenuti da varietà neutre il cui carattere varietale non è attribuibile a uno o pochi composti, ma piuttosto a un equilibrio tra diverse molecole odorose responsabili di note varietali meno marcate e quindi più difficilmente riconoscibili.

Nel caso dei vini bianchi, le varietà che delimitano il perimetro di questo spazio sensoriale a tre vertici, grazie al loro spiccato carattere aromatico varietale e alle oramai note origini molecolari di tali note tipiche sono: i vini ottenuti da uve aromatiche quali Moscato, Traminer, Malvasia, Gewürztraminer, Riesling, caratterizzati essenzialmente da note floreali attribuibili alle alte concentrazioni di terpeni presenti in questi vini; lo Chardonnay con i suoi odori di miele, vaniglia, mela, ananas, dovuti soprattutto alla formazione di norisoprenoidi, come il β-damascenone, che derivano dalla degradazione dei carotenoidi delle uve; il Sauvignon blanc riconoscibile grazie alla caratteristica nota di frutto della passione, frutta esotica, dovuta alla presenza di mercaptani e in particolare del 4-metil-mercaptopentanone. All’interno di questo spazio sensoriale è possibile individuare una posizione che ben definisce il carattere aromatico di qualsiasi vino bianco. Il Trebbiano, per esempio, è un vino al quale non è possibile riconoscere peculiarità aromatiche e pertanto, essendo dotato esclusivamente di aromi di fermentazione, può essere collocato al centro dello spazio sensoriale.
Al contrario invece, i vini ottenuti dai tre vitigni bianchi autoctoni della Campania, Fiano, Greco e Falanghina, se opportunamente vinificati, esprimono note aromatiche che li rendono riconoscibili e distinguibili tra loro, pertanto essi occupano posizioni diverse all’interno dello spazio sensoriale definito per i vini bianchi.

Nel caso dei vini rossi, ai vertici dei vettori che definiscono questo nuovo spazio a tre dimensioni è possibile immaginare: il Pinot noir caratterizzato da forti odori di frutti rossi (cassis, amarena, ciliegia) dovuti a etil- e metil- cinnammati e antranilati; il Cabernet Sauvignon caratterizzato da note vegetali di peperone verde; il Merlot con le sue note speziate di pepe e di cuoio. Alcune metossipirazine sono fortemente coinvolte nell’espressione delle note aromatiche tipiche di questi ultimi due vini. È possibile quindi dire che lo spazio sensoriale al quale appartengono i vini rossi è dominato da note aromatiche di frutti rossi (alle quali contribuisce anche l’odore di fragola dovuto al furaneolo, identificato per la prima volta nel 1980 da Rapp et al. nelle cultivar americane, ma successivamente rilevato come composto odorosamente attivo anche in diverse varietà rosse di Vitis vinifera) e da odori vegetai i/speziati. All’interno di questo spazio sensoriale è possibile individuare la posizione che meglio esprime il carattere aromatico di ciascun vino rosso, come esemplificato nella figura per alcuni importanti vini rossi del sud Italia.

Comparsa di note aromatiche varietali dopo la fermentazione alcolica e/o dopo l’invecchiamento del vino
Si è visto che, pur in assenza di significative quantità di composti volatili varietali nel mosto, durante il processo di vinificazione si instaurano trasformazioni chimiche e biochimiche che portano alla formazione di caratteri sensoriali riconducibili al tipo di uva vinificata. In uno studio del 1974 condotto da Cordonnier e Bayonove venne osservata per la prima volta, dopo riscaldamento, la formazione di composti volatili varietali in mosti di uva preventivamente privati dalla frazione volatile. Un effetto simile si osservava dopo trattamento con enzimi glicosidasici, evidenziando così nei mosti d’uva la presenza di precursori d’aroma. Successivamente, diversi studi hanno dimostrato la presenza nelle uve di precursori d’aroma non odorosi in grado di rilasciare nel corso della vinificazione e/o dell’invecchiamento del vino, composti volatili coinvolti nell’espressione del carattere aromatico varietale del vino. Sia nelle uve aromatiche che in quelle neutre una larga parte della componente aromatica varietale è infatti presente sottoforma di precursori glicosidici non volatili e quindi odorosamente inattivi.

Tali precursori sono costituiti da una frazione potenzialmente odorosa comunemente detta aglicone, legata con un legame (3-glicosidico a un residuo zuccherino. Nel corso della maturazione il contenuto di glucosidi appartenenti a diverse classi di composti volatili, aumenta sia nelle foglie che negli acini, accumulandosi, nel caso di questi ultimi, principalmente a livello della buccia. Sebbene la maggior parte dei precursori aromatici sinora identificati nell’uva sia di natura glicosidica, esistono evidenze della formazione di importanti composti volatili a partire da precursori non glicosidici presenti nell’uva. Gli acidi ferulico e p-cumarico sono due di questi: da essi, durante i processi fermentativi e a seguito dell’attacco di microrganismi della specie Brettanomyces, possono formarsi composti volatili a elevata attività odorosa, quali etil- e vinilfenoli responsabili di odori sgradevoli di medicinale o di cavallo che a basse concentrazioni possono tuttavia essere correlati a odori positivi quali speziato, affumicato, legno. Recentemente la presenza di altri precursori non glicosidici per composti solforati a elevatissimo impatto odoroso è stata riportata in uve della varietà Sauvignon blanc. Tali composti sono caratterizzati da strutture chimiche in cui la frazione volatile è legata a un residuo di cisteina, e da essi possono originarsi mercaptani. Un aspetto di estremo interesse enologico nella genesi di tali composti volatili a partire dai rispettivi precursori è legato al fatto che numerosi ceppi di lievito possiedono enzimi in grado di degradare il precursore cisteinico portando alla liberazione della frazione volatile, con conseguente incremento dell’aroma varietale nel corso della fermentazione alcolica.
La presenza di composti volatili derivanti dall’uva presenti sottoforma di precursori non odorosi e poi rilasciati e resi olfattivamente attivati nel corso della vinificazione e/o dell’invecchiamento del vino, ne determina un interessante aumento della complessità aromatica. Nel corso dell’invecchiamento il basso pH determina una degradazione degli esteri di fermentazione, pertanto il loro contributo sensoriale diminuisce notevolmente. Parallelamente, gli aromi varietali presenti sottoforma di precursori, in particolare terpeni e norisoprenoidi vengono gradualmente rilasciati e possono quindi contribuire al profilo aromatico globale, determinando un aumento della complessità e della specificità aromatica del prodotto.

Fattori che influenzano l’aroma varietale nell’uva
Il profilo compositivo qualitativo dei composti odorosi che provengono dall’uva, caratteristici della varietà e quindi responsabili dell’aroma varietale, è sotto controllo genetico; da un punto di vista quantitativo, invece, tale composizione è fortemente influenzata da fattori ambientali (esposizione, clima, terreno) che condizionano la produttività quantitativa e qualitativa della vite in una determinata area geografica e da cui dipendono anche il grado di maturazione delle uve e il loro stato sanitario. Studi condotti su cultivar internazionali riportano che nel corso della maturazione, a partire dall’invaiatura, negli acini si riscontra un accumulo di terpenoli liberi e legati; in fase di surmaturazione alcuni Autori hanno riportato una diminuzione delle forme libere antecedente alla fine dell’accumulo di zuccheri nella buccia, altri hanno osservato un lieve aumento anche in surmaturazione suggerendo che la temperatura a cui avviene la maturazione è un fattore fortemente condizionante.

Una evoluzione analoga è stata riscontrata per i norisoprenoidi come conseguenza della diminuzione dei carotenoidi a partire dall’invaiatura. L’intervento degli enzimi dell’uva nella degradazione ossidativa dei carotenoidi e poi nei meccanismi di glicosilazione è all’origine di tali trasformazioni, incentivate dall’esposizione delle uve al sole. Cinetiche di maturazione praticamente opposte sono state riscontrate nel caso delle metossipirazine: i tenori più importanti sono stati rilevati nelle uve non mature, con una progressiva diminuzione nel corso della maturazione, aggravata dall’esposizione al sole, a causa della sensibilità di questi composti alla luce.

Oltre alle condizioni climatiche anche la natura del terreno e la sua influenza sul vigore della vite sembrano influenzare la concentrazione di metossipirazine: terreni calcarei e argillo-terrosi producono Cabernet Sauvignon e Merlot con più spiccate note vegetali di peperone verde di cui le metossipirazine sono responsabili. In un recente studio condotto sulle tre uve bianche non aromatiche autoctone della Campania, Fiano, Greco e Falanghina, è stata seguita l’evoluzione di terpenoli liberi e legati, carotenoidi e norisoprenoidi durante la maturazione: il tenore in terpenoli liberi e legati tende a un aumento graduale in modo particolare tra il sessantesimo e l’ottantesimo giorno dopo la fioritura raggiungendo una certa stabilità nella fase successiva, fatta eccezione per i terpenoli legati dell’uva Falanghina che mostrano un incremento lungo tutto il corso della maturazione; per quanto riguarda la degradazione dei carotenoidi e la conseguente formazione di norisoprenoidi le tre varietà mostrano comportamenti simili, con il Fiano che raggiunge il più alto tenore di norisoprenoidi.
Un ulteriore fattore che influenza l’espressione dell’aroma varietale dell’uva è certamente il suo stato sanitario. Eventi climatici estremi, minando l’integrità delle bacche, favoriscono lo sviluppo di flora microbica indesiderata e quindi l’insorgere di malattie del grappolo. Botrytis cinerea, così come altre muffe, determinano alterazioni fisiologiche che si traducono in una diminuzione della superficie fogliare e quindi in una minore attività fotosintetica che, ritardando la maturazione, determina una minore sintesi di aromi con una conseguente modifica del quadro aromatico della materia prima e del vino da essa ottenuto. Inoltre, le alterazioni del metabolismo provocate dall’insorgere di malattie, favoriscono la produzione di molecole responsabili di difetti di odore, con un conseguente mascheramento delle note aromatiche varietali.
Le molecole riportate in letteratura come responsabili delle note odorose di funghi, sottobosco, muffa, terra, nelle uve o in vino sono: 1-octen 3-olo, 1-octen-3-one, 2-octen-2-olo, 2-eptanolo, fencolo, fencone, 2-metil-isoborneolo e trans-1,10-dimetil-trans-9-decanolo. Tuttavia, è stato dimostrato che è proprio quest’ultimo composto, noto con il nome di geosmina, il principale responsabile del difetto di odore di terra delle uve attaccate da muffe e dei corrispondenti vini. La Botrytis cinerea (muffa nobile) e il Penicilliun expansum esercitano una azione complementare sulla sintesi di geosmina, la cui presenza non è mai stata rilevata in uve sane, ma sistematicamente associata alla presenza di muffe.
I risultati di prove sperimentali suggeriscono che, a parità di concentrazione, la comparsa del difetto di odore di terra dovuto alla geosmina ha un diverso impatto olfattivo su vini dalla diversa complessità aromatica.
Gli aromi di fermentazione di cui sono ricchi i vini giovani riescono a mascherare parzialmente e ad attutire l’intensità dei difetto di odore di terra, pertanto non è consigliabile sottoporre a invecchiamento i vini affetti da questo off-flavour. Poiché l’invecchiamento influisce fortemente sull’espressione del potenziale aromatico varietale dei vini ottenuti da uve neutre, è possibile concludere che l’impiego di uve sane costituisce un presupposto fondamentale per l’ottenimento di vini dal forte carattere varietale.

Come favorire l’espressione delle caratteristiche aromatiche varietali e modulare il potenziale di invecchiamento dei vini
Sulla scorta di quanto detto, l’ottenimento di vini con elevate caratteristiche di tipicità e complessità aromatiche è legato all’impiego di tecniche di vinificazione attraverso le quali sia possibile ottimizzare il contributo delle componenti aromatiche di fermentazione e varietale, in funzione della tipologia di prodotto che si desidera ottenere.
Bisogna inoltre considerare che lo sviluppo di una tecnologia di vinificazione specifica per una determinata varietà di uva presenta problematiche diverse a seconda che si tratti di uve aromatiche o uve neutre. Nel primo caso, fattori viticoli quali sanità e grado di maturazione della materia prima, restano importanti, ma difficilmente compromettono la riconoscibilità del prodotto finale; nel secondo caso invece, gli stessi fattori viticoli (buono stato sanitario e buon grado di maturazione) rappresentano requisiti fondamentali per consentire da un lato la massima sintesi possibile di aromi legati al corredo genetico e quindi alla varietà di uva, e dall’altro lato per prevenire la produzione di molecole responsabili di difetti di odore che, oltretutto, in un vino neutro avrebbero un maggior impatto sensoriale rispetto a un vino ottenuto da uve aromatiche. A questo punto, nella produzione di vini ottenuti da uve neutre, se da un punto di vista viticolo, l’obiettivo deve essere quello del controllo della qualità della materia prima al fine di avere la massima sintesi di aromi sotto controllo genetico, da un punto di vista tecnologico, tutto deve essere concepito in modo da preservare al massimo queste molecole, sia da un punto di vista quantitativo che qualitativo, cercando di ottenere la massima estrazione dalle uve ed evitando e prevenendo qualsiasi fenomeno degradativo.
Dopo la fermentazione il vino continua a subire importanti variazioni di composizione che ne influenzano il carattere sensoriale. Nuovi composti d’aroma possono formarsi e la concentrazione di altri può aumentare o diminuire con conseguenti effetti sulle caratteristiche aromatiche del prodotto, migliorandolo o anche peggiorandolo. I principali cambiamenti che i composti aromatici presenti in un vino subiscono durante la conservazione in bottiglia possono essere riassunti nei seguenti punti:
– variazione del contenuto in esteri;
– diminuzione di acetati;
– aumento di esteri etilici di acidi mono- e di-carbossilici;
– formazione di molecole derivanti dalla degradazione dei carboidrati (principalmente furani);
– reazioni acido catalizzate dei composti monoterpenici con formazione di altri prodotti di natura terpenica (terpenoli, terpeni ed ossidi terpenici);
– formazione di norisoprenoidi dalla degradazione dei carotenoidi.
In particolare, le molecole volatili prodotte durante gli ultimi tre fenomeni degradativi appena riportati, sono coinvolte nell’espressione del potenziale aromatico varietale d’invecchiamento del vino. Poiché le cinetiche di queste reazioni sono fortemente condizionate dalla temperatura, la temperatura di conservazione del vino è un parametro molto importante per la modulazione dell’espressione dell’aroma varietale di un vino durante l’invecchiamento, e quindi per l’allungamento della sua shelf-life aromatica.

Luigi Moio
La Vite e il Vino
Bayer CropScience 2007 , pagg.506-515