TERPENI

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I composti terpenici li riscontriamo nei vini derivati da uve aromatiche, assimilabili a quelli della materia prima e vengono abitualmente definiti «aromi varietali».Questa classe di composti caratterizza le uve e i vini definiti aromatici, come i Moscati, il Riesling e il Traminer aromatico, ai quali conferisce le tipiche note floreali.
Il gruppo delle uve moscate è il miglior esempio che si possa fornire per concretizzare la nozione di aroma primario, perché sono le uve più profumate e l’aroma di moscato è apprezzato all’unanimità, fin dalla Roma antica. Questo carattere “moscato” e “di moscato” è completamente diverso da “muschiato”, derivato di “muschio”, liquido animale del cervide asiatico chiamato mosco, nonostante la vicinanza etimologica.
È anche quello che è stato maggiormente studiato e di cui si conoscono meglio i componenti, permettendo (o quasi) una ricostruzione artificiale esatta.
I 150 diversi vitigni “Moscati”, più i sinonimi, hanno in comune dei caratteri olfattivi netti. Il “gusto di moscato”, conosciuto da due millenni, deriva dalla presenza di diversi composti della famiglia dei terpeni. Questa famiglia chimica costituita da migliaia di composti è onnipresente nel mondo vegetale, dagli agrumi alle conifere passando per la menta o l’eucalipto e si ritrova anche nel mondo animale (diversi feromoni, ormoni…). Nella vigna è stata identificata una mezza dozzina di terpeni semplici e alcune decine di derivati.
L’indagine chimica relativa alla struttura di queste sostanze, iniziata già nell’800, rivelò che le frazioni più volatili, e suscettibili di essere odorosi, di molti oli essenziali erano miscele di idrocarburi rispondenti alla formula molecolare C10H16, (monoterpeni) e C15H24 (sesquiterpeni), formati rispettivamente a partire da due e da tre unità isopreniche. (Curiosità: lo scheletro carbonioso dell’isoprene costituisce tra l’altro l’unità strutturale del caucciù, il polimero naturale derivato dall’albero della gomma.)

L’uva contiene allo stesso tempo dei terpeni “liberi”, odorosi, e dei terpeni “legati” a una molecola di zucchero, non odorosi così come dei derivati più o meno odorosi. Il ruolo fondamentale appartiene ai glicosidi terpenici, più abbondanti dei terpeni liberi. Essi sprigionano i terpeni odorosi sotto l’azione degli enzimi dei lieviti. I diversi odori si sommano, con un effetto sinergico che li rafforza a vicenda.
I terpeni hanno una soglia di percezione variabile in base alla struttura chimica.
Quelli più determinanti per l’aroma dell’uva sono i terpeni con una funzione alcolica, in particolare linaiolo, nerolo, geraniolo e in misura minore anche citronellolo, ho-trienolo, alfa-terpineolo, il limonene, ecc. . Il linalolo è, forse, il rappresentante più noto . Gli idrocarburi monoterpenici formano la frazione più abbondante delle essenze di agrumi, importanti costituenti di un gran numero di oli essenziali, sono caratterizzati da una struttura aciclica, ossia da catene carboniose aperte. Di tutti gli idrocarburi terpenici monociclici, tra loro isomeri di posizione, il limonene è per abbondanza il più importante. È infatti il maggior componente dell’essenza dell’arancio dolce (85-90%), di limone (65-75%), di bergamotto (35-45%). 

MONOTERPENI
SESQUITERPENI

Questi profumi sono connessi ad una serie di fattori: primo fra tutti il vitigno; poi, a ruota, l’esposizione, il clima, il terreno, la tecnologia di conservazione della materia prima, ecc.Per alcune varietà questi profumi passano integralmente dall’uva al vino (fragolino, moscati, zibibbo), per altri solo in parte e per altri ancora in potenza, ovvero come precursori di aroma (es. il Riesling renano, il Miiller-Thurgau, il Gewiirtztraminer, il Sylvaner, lo Chardonnay, ecc.).

Circa il 50 % dei monoterpeni totali si ritrova nella buccia dell’uva, tuttavia il geraniolo è associato principalmente alla buccia dell’acino d’uva mentre il linalolo è distribuito uniformemente anche nella polpa dell’acino.

Durante la maturazione della bacca questi composti vengono sintetizzati e stoccati prevalentemente nella buccia delle bacche, in forma libera o legata al glucosio (da solo o combinato a un secondo zucchero: ramnosio, apiosio, arabinosio) e a concentrazioni molto variabili, fino a qualche centinaio di pg/kg di uva. Le forme legate possono in alcuni casi essere di molto superiori alle forme libere, come nel caso del Traminer aromatico e del Goldtraminer. Solo le forme libere dei terpeni sono odorose, ma in certe condizioni di vinificazione una parte delle forme legate possono essere rilasciate, permettendo talvolta di ottenere note floreali da uve solitamente considerate neutre.
Questa classe di aromi è la più estesamente studiata e vanno segnalate alcune recenti scoperte di particolare rilievo. I terpeni derivano da una via biosintetica specifica attraverso un precursore comune generato nella condensazione tra isopentenil-difosfato e dimetil-allil-difosfato. Ciò conferma che oltre ai fattori ambientali, è soprattutto un fattore genetico a controllare l’accumulo dei composti responsabili della sensazione aromatica.


Molti terpeni sono chirali (otticamente attivi) e spesso si verifica che le forme (+) e (-) hanno caratteristiche sensoriali diverse.

Caratteristiche sensoriali dei terpeni chirali

La sintesi del linalolo è fortemente condizionata dalle variabili ambientali, climatiche e colturali e subisce un’evoluzione positiva fino ad una fase che precede quella della sintesi massima degli zuccheri, poi diminuisce anche sensibilmente. Generalmente il contenuto in terpeni liberi nell’uva aumenta nel corso della maturazione dell’acino fino al momento della completa maturazione per poi diminuire. Durante la surmaturazione dell’uva e durante l’invecchiamento del vino i terpeni subiscono diverse trasformazioni chimiche che determinano la loro diminuzione. Per esempio la ciclizzazione del nerolo e del linalolo, l’ossidazione dovuta all’attacco dell’ossigeno singoletto e dall’attività ossidativa degli enzimi della Botrytis cinerea, determina un aumento dell’a-terpineolo e degli ossidi terpenici in forma furanica e piranica.Il tenore dei composti terpenici sotto forma di glucosidi aumenta invece fino alla fase di surmaturazione per poi diminuire durante l’appassimento.

Per questi motivi, nei casi in cui si debbano produrre vini spumanti da varietà aromatiche, è utile raccogliere l’uva al momento in cui si è raggiunto il massimo accumulo degli alcoli terpenici liberi monoidrossilati anche per avere un’acidità compatibile con la natura dolce di questi vini.
Per la produzione di altri tipi di vini da raccolta tardiva o passiti, con maggiore tenore di zuccheri, è bene spingere il livello di maturità dell’uva oltre il momento su accennato e confidare nel maggior livello degli alcoli terpenici sotto forma di glicosidi per il mantenimento di un buon livello aromatico nel vino .
Questi ultimi composti, infatti, si idrolizzeranno in parte, durante la conservazione del vino generando forme libere, percepibili a livello olfattivo.

Nel corso dell’elaborazione di un vino si osservano importanti trasformazioni delle diverse forme terpeniche, da cui le grandi differenze tra i vini Moscati giovani, molto floreali, fruttati e i vini Moscati più vecchi, più aromatici, cerosi…
L’esperienza dimostra che sarebbe auspicabile conservare alcuni grammi di zuccheri per evitare la comparsa dell’amaro.

Le forme glicosilate dei terpenoli volatili
L’esistenza nelle uve a sapore moscato di una frazione volatile ed inodore dell’aroma terpenico, che può essere liberata per via chimica o enzimatica, è stata dimostrata per la prima volta da Cordonnier e Bayonove (1974). In seguito diversi gruppi di studio (Williams et al., 1982; Günata, 1984; Voirin et al., 1990) hanno dimostrato che i principali monoterpenoli e polioli terpenici esistono nelle uve sotto forma di glicosidi, nei quali gli zuccheri costitutivi sono il glucosio, l’arabinosio, il ramnosio e l’apiosio. Quattro tipi di glicosidi sono stati identificati: 3 disaccaridi (6-O-α-L-arabinofuranosil-ß-D-glucopiranoside, 6-O-α-L-ramnofuranosil-ß-D-glucopiranoside o rutinoside, 6-O-ß-D-apiosil-ß-D-glucopiranoside) e un monoglucoside (ß-D-glucopiranoside).

Tutte le varietà contengono questi glicosidi, ma quelle a sapore moscato sono le più ricche. Spesso le forme glicosilate sono più abbondanti di quelle libere.

Fra i glicosidi corrispondenti agli agliconi più odorosi, si constata che gli apiosilglucosidi e gli arabinosilglucosidi sono i più rappresentati; seguono i rutinosidi e poi i ß-glucosidi.
I glicosidi terpenici sono largamente diffusi nel regno vegetale; nell’uva, contrariamente a quanto si riscontra nelle altre piante, i monoglucosidi sono meno rappresentati dei disaccaridi. La buccia è più ricca in monoterpenoli liberi e legati della polpa del succo; inoltre, la composizione in terpenoli liberi delle diverse parti dell’acino varia sensibilmente. Il geraniolo e il nerolo, ad es., sono più abbondanti nella buccia rispetto alla polpa e al succo; i terpenoli legati sono contenuti, invece, in quantità pressoché simile nelle differenti parti dell’acino, mentre la proporzione relativa, fra composti liberi e legati dipende dalla varietà. Il succo del Moscato d’Alessandria contiene più terpenoli legati che liberi; nelle bucce, invece, gli uni e gli altri sono rappresentati in quantità simile. Per il Moscato di Frontignan i rapporti fra i tenori in terpenoli liberi e legati sono circa gli stessi nel succo e nelle bucce.

Molto più idrosolubili degli agliconi, i glicosidi sono considerati come forme di trasporto e di accumulazione dei monoterpeni nella pianta. I glicosidi sono stati messi in evidenza anche nelle foglie e nei piccioli della vite. Gli agliconi che costituiscono i glicosidi non sono esclusivamente alcoli o polioli terpenici, ma anche alcoli lineari e ciclici (esanolo, 2-feniletanolo, alcol benzilico), certi norisoprenoidi a 13 atomi di carbonio e, verosimilmente, fenoli volatili come, ad es., la vanillina.

La liberazione degli aromi varietali dalle loro forme eterosidiche
L’uva contiene ß-glucosidasi capaci di liberare certi terpenoli odorosi a partire dai loro eterosidi non odorosi . Nelle condizioni di vinificazione, l’incidenza di questi enzimi endogeni sullo sviluppo dell’aroma del mosto è limitata, per i seguenti motivi:
(a) la loro attività, ottimale a pH 5, è debole al pH del mosto;
(b) per mancanza di specificità nei riguardi di certi agliconi (le glicosidasi dell’uva non sono in grado di idrolizzare gli eterosidi degli alcoli terziari, quale, ad es., il linalolo);
(c) infine, la chiarifica dei mosti limita la loro attività glicosidasica.
La fermentazione alcolica, inoltre, influenza tanto poco il potenziale glicosilato dell’uva che, di solito si riscontra che il tenore in glicosidi del vino è simile a quello dell’uva. Sebbene i lieviti possiedano glicosidasi periplasmatiche (ß-D-glucosidasi, α-arabinosidasi e α-ramnosidasi), attive in vitro sugli eterosidi del mosto, essi hanno scarsa influenza sull’idrolisi degli eterosidi dell’uva in quanto il loro pH ottimale d’attività è vicino a 5.
Sulla base di queste conoscenze, si è cercato di valorizzare il potenziale aromatico dell’uva, utilizzando attività enzimatiche esogene, presenti come attività collaterali nei preparati pectolitici industriali, prodotti da Aspergillus niger. I diversi sistemi enzimatici agiscono in modo sequenziale: prima una α-L-ramnosidasi o una α-L-arabinosidasi o una ß-D-apiosidasi devono rompere il legame disaccaridico e solo dopo una ß-D-glucosidasi può permettere la liberazione dell’aglicone odoroso corrispondente. L”efficacia di tali preparati si può manifestare solo sui vini secchi, in quanto le ß-glucosidasi fungine sono inibite dal glucosio. Il loro uso rinforza in modo incontestabile l’aroma dei vini giovani da varietà a sapore moscato. Per le varietà a sapore semplice, l’interesse dell’uso di preparati glicosidasici è più limitato in quanto non tutti i precursori d’aroma sono glicosilati e non tutti gli agliconi non terpenici sono odorosi. Inoltre, non sembra conveniente conferire ai vini derivati dalle diverse varietà un fondo d’aroma terpenico, se si vuole preservare la loro tipicità.

Quanto maggiore sarà la riserva di precursori aromatici (serbatoio di aromi) nel vino tanto maggiore sarà la sua evoluzione aromatica. Un vino può invecchiare se genera aromi. Questi precursori, presenti in quantità variabile a seconda della varietà da poche centinaia a qualche migliaia di microgrammi, vengono trasferiti dalle pareti cellulari al mosto durante la fase di macerazione.

BIBLIOGRAFIA
MARGALIT Y. (2005). Elementi di chimica del vino. Ed. Eno-One
MOIO L. (2018). Il respiro del vino . Ed. Mondadori
RIBEREAU-GAYON P., DUBOURDIEU D., DONECHE B., LONVAUD A. (2000). Handbook of Enology, voi. I. Ed. John Wiley & Sons, LTD.