Vini di epoca romana

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Ricostruzione dell’Italia viticola attorno al 100 a.C. secondo le indicazioni di Plinio e di altri georgici latini. I nomi in rosso si riferiscono alle città attuali, quelli in nero ai vini. La più grande concentrazione di vini famosi si trova a sud di Roma ai confini con la Campania, dove le persone importanti trascorrevano gran parte del loro tempo.

Tra i circa 30 vini citati nell’epoca romana, due meritano un approfondimento: il Cecubo e il Falerno
Il Cecubo (o Caecubum), prodotto con uve dalla varietà Cecuba e descritto da Strabone come “eccellente e sostanzioso”, era destinato al brindisi finale nei banchetti. Il medico greco Galeno così lo definisce: “gradevolissimo, di buon tono, di forte sostanza alimentare, ottimo per l’intelligenza e per lo stomaco”. Ai tempi di Plinio viene quasi abbandonato dai viticoltori perché subisce la concorrenza dei vini di Marsiglia, che per il loro gusto affumicato conquistarono il ricco mercato di Roma
Il Falerno è prodotto nell’Ager Falernus, tra Caleno e Sinuessa in Campania, presso il Monte Massico. I termini più usati per descriverlo, soprattutto da Orazio, sono severum (cioè asciutto), ardens (focoso), fortis (forte). Era di colore giallo e migliorava con un lungo invecchiamento. A 15 anni era perfetto e diveniva come diceva Marziale, fuscus, cioè bruno. Della mitica longevità di questo vino si ha testimonianza nel Satyricon dove Trimalcione offre un Falerno di 100 anni. La comparsa del sapore amaro veniva mitigata con l’aggiunta di miele attico, nel significato anche simbolico, di unire la forza latina alla dolcezza greca. Tale era la sua importanza che veniva offerto da Cesare al popolo per celebrare i suoi trionfi militari in Gallia e Spagna. Fino all’800 in Germania era sinonimo del vino di maggiore qualità in Europa.

Origine dei vitigni dell’antica Roma
La semantica dei nomi dei vitigni coltivati dai romani aveva delle origini molto precise che si rifacevano soprattutto, come era nella tradizione georgica, alla loro origine geografica e alle loro caratteristiche morfologiche. La maggior parte erano una traduzione dal greco.
Nomi derivati da toponimi (nomi di luoghi): Biturica, dalle terre dei Biturici, nel Bordolese, Falerna dall’Ager Falernus, in Campania, Graecula dalla Grecia, Libica dall’Africa punica, Murgentina da Murgenta in Sicilia, Raetica dalla Rezia ecc.
Nomi derivati da antroponimi (nomi di persone): Numbiana dal viticoltore che la introdusse a Terracina, Holconia dal viticoltore Holconius, Calventina dal viticoltore Calventinus ecc.
Nomi derivati dalle caratteristiche morfologiche del vitigno: Pumila, vite dai tralci poco sviluppati, Sopina, vite dai tralci molto lunghi, Rubelliana per il colore rosso del rachide, Hirtiola per le foglie ricoperte di tricomi lanugginosi, Capnios (fumo) dal colore grigio delle bacche, Lagea (lepre) per il colore rosso scuro come il sangue della lepre, Oleaginea per le bacche simili a una drupa d’olivo, Duracina per la durezza della polpa, ecc.
Nomi di origine diversa: Precox per l’epoca di maturazione, Eugenia per la sua nobile origine da cui Ugni, Trebbiano toscano in francese, Pergulana per la sua attitudine a essere coltivata a tendone ecc.
Molti di questi vitigni non hanno più un riscontro nelle varietà oggi coltivate

Fonte: La Vite e il Vino – Bayer CropScience 2007