Teatro del Littorio

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Il Teatro del Littorio 
(attuale Teatro Giuseppe Verdi)
 
Premessa
 Già dal 1819 a San Severo si sente la necessità di costruire un teatro che potesse fregiarsi del prestigioso nome di “Teatro Real Borbone“. L’amministrazione comunale all’interno degli interventi in campo socio-culturale provvede a completare il teatro pubblico all’interno del palazzotto comunale che sino al 1813 è stata la sede del municipio, i cui lavori, seppure limitati al proscenio, erano stati avviati dal principe Raimondo Di Sangro sin dal 1808 (attuale ex-cinema Patruno).
 Il teatro borbonico, inaugurato il 21 dicembre 1819 “con l’intervento delle autorità“, l’intendente Nicola Intonti ed il sottintendente Gaetano Rodinò, viene realizzato utilizzando un finanziamento privato, la contribuzione volontaria di alcune delle famiglie più importanti, che intuiscono il valore anche d’immagine che ne deriva alla città, rendendo disponibile la somma di “ducati mille circa “.
È un fatto importante che testimonia l’avvio di un processo di modernizzazione che attraversa i ceti dirigenti di stampo liberale e indica i primi fermenti di crescita di una nuova borghesia urbana che reclama un proprio spazio culturale, pubblico, in alternativa sia alle chiese e al Seminario, che ai salotti privati di qualche palazzo signorile. Infatti il nuovo teatro, illuminato “caroteni” all’interno, ampiamente dotato di 300 posti a sedere, si affaccia, “illuminato ad olio all’esterno“, sulla Gran piazza che si conferma, anche per questa scelta localizzativa, il vero centro della città e rappresenta sicuramente un’operazione importante che pone San Severo all’avanguardia, la prima città della Capitanata a dotarsi di un edificio teatrale, ancor prima di Foggia e di ogni altra città della provincia. Tale primazia risulta anche dagli atti ufficiali dell’amministrazione decurionale, perché un verbale del consiglio del 6 marzo 1826, riferendosi alla struttura teatrale precisa, con un evidente motivo d’orgoglio, che “per la sua decenza desta il rispetto agli abitanti ed ammirazione ai forestieri”.
Per oltre un secolo si attiva una programmazione di rilievo con rappresentazioni teatrali e musicali che assecondano i gusti di “palato fino“. Non a caso si formano due famose Bande musicali, la Banda Bianca e la Banda Rossa, che mietono successi in Italia e all’estero, soprattutto in America. Però in tutto questo periodo nessun intervento di manutenzione fu eseguito. 
 
Il teatro del Littorio
Nel corso del 1925 l’amministrazione comunale affronta il problema del teatro comunale che a causa dell’accentuato stato di degrado, è permanentemente chiuso. Il teatro, infatti, che a parte i muri perimetrali è realizzato tutto in legno – ed “è quindi avariato“- per timore di crolli o incendi non riesce ad ottenere la necessaria agibilità al suo funzionamento per motivi di sicurezza necessitando, inoltre di ingenti risorse per il suo restauro. La qual cosa non soltanto è motivo di lamentele da parte della comunità cittadina, che s’indigna per la mancanza di un teatro “decente“; ma viene commentata negativamente anche da tutti coloro che per vari motivi visitano la città, soprattutto “le più alte personalità del governo, del fascismo e della milizia nazionale“; che saltuariamente giungono in città, in occasione delle “cerimonie” pubbliche che si svolgono a San Severo “in questi anni di rinascita nazionale”. Quel che indigna maggiormente è il fatto che San Severo, che pure è “paese ricco ed evoluto, non abbia ancora provveduto a darsi un teatro rispondente alla crescita della popolazione e al suo grado di civiltà“. Per dare soluzione al problema, il sindaco Donato Curtotti, a nome dell’amministrazione comunale, il 26 dicembre 1925 incarica l’ingegner Italo Ricci, responsabile dell’ufficio tecnico e co-progettista della scuola elementare Principe Umberto, di redigere il progetto di ristrutturazione del vecchio teatro, prevedendo l’esproprio dei fabbricati contigui per ampliarne la capienza a mille spettatori, invitandolo nel contempo a studiare una soluzione alternativa per un teatro da realizzare ex-novo nei terreni ortivi appartenenti all’ex convento delle benedettine
L’ing. Italo Ricci, evidenziando la difficoltà del problema, scarta sin dall’inizio l’ipotesi della ristrutturazione del vecchio teatro, per il cui ampliamento sarebbero state necessarie “lunghe e costose pratiche per l’esproprio“, redige un progetto di massima per un edificio perfettamente rettangolare, dalle dimensioni di 40 x 65 metri, per 1500 spettatori, “oltre quelli del loggione“. 
L’ing. Ricci, pertanto, ipotizza come soluzione ideale una diversa localizzazione “sui suoli La Monaca” lungo il viale della stazione, consegna il progetto del nuovo teatro il 16 gennaio 1926, che l’undici aprile 1926 viene portato dall’assessore per i pubblici spettacoli Russi alla discussione in consiglio comunale ed approvato all’unanimità: il consiglio ha scartato definitivamente l’ipotesi di ristrutturazione del vecchio teatro – che successivamente verrà alienato a privati – decidendo però per la costruzione ex novo sul suolo nelle aree ortive del Monastero delle Benedettine, approvando quindi il progetto di massima per la realizzazione del nuovo teatro cittadino per 1200 spettatori, con un preventivo di spesa di un milione e settecento mila lire.
Scelto finalmente il progetto da realizzare, il 17 luglio 1926 il commissario prefettizio Triola incarica l’ing. Ricci di redigere il progetto definitivo del teatro in modo da passare alla fase delle approvazioni tecniche, ma con l’instaurazione del regime podestarile, nel 1927, il nuovo podestà, Giovanni Colio, ritenendo inadatto il progetto Ricci, che oltre agli alti costi impone l’abbattimento di un’ala del monastero con la perdita di 20 aule scolastiche, contatta l’impresa Ermenegildo Olivieri, di Lucera, che sulla base di un nuovo progetto – che lo stesso progettista ing. Stefano Recca, definisce affrettato e privo di uno studio accurato – si dichiara disponibile ad anticipare la somma di lire 1.311.209 necessaria a costruire il teatro.
 In data 2 febbraio 1928 il podestà, pensando di poter attivare “un mutuo al 9% in 9 annualità e 18 semestralità“, approva il progetto Recca, che passa all’esame del Genio civile, il quale però impone una revisione integrale del progetto originario. Con nota del 23 marzo 1928, la prefettura di Foggia comunica le richieste del Genio civile, affidando allo stesso ing. Stefano Recca l’incarico di redigere il progetto di variante, coadiuvato dall’ing. Salvatore Celozzi, cui viene dato l’incarico della direzione lavori. Il nuovo progetto, che viene approvato dal podestà il 3 dicembre 1929, ha aumentato i costi ad oltre due milioni di lire, imponendo, a parità di tasso di interesse, un mutuo di dodici annualità e 24 semestralità. A questo punto si pone il problema del finanziamento che nonostante l’interessamento di alcuni sanseveresi illustri come Gabriele Canelli, sottosegretario di stato per la Bonifica integrale, Luigi D’Alfonso, luogotenente della milizia fascista Attilio De Cecco, membro del Gran consiglio e direttore dei Fasci all’estero, non si riesce ad ottenere. Si decide di modificare tipo di contratto e sistema di pagamenti e a questo punto l’impresa Olivieri, non trovando più convenienza economica, rinuncia all’appalto mentre nel luglio 1929 il podestà affida all’impresa del cav. Paolo Cristalli i lavori per la demolizione del muro di cinta dell’ex convento delle Benedettine dando comunque così il via all’operazione teatro. 
Il Genio civile ha approvato il nuovo progetto di variante del teatro, redatto dagli ingegneri Recca e Celozzi continuando ad esprimere riserve soprattutto sull’estetica degli esterni, “trattandosi di opera che sorgerà in questo periodo di rinascita nazionale perseguita in ogni corpo e non ultimo, quello dell’architettura con sforzo continuo e potente del regime“. Pertanto il 19 novembre viene assegnato l’incarico di redigere un ulteriore progetto, limitato però allo studio  delle facciate esterne, su via Tiberio Solis e corso Garibaldi, “senza stravolgere” quindi il progetto già approvato, all’ingegner Cesare Bazzani – uno dei massimi progettisti e accademico dei lincei e molto attivo anche in Puglia, soprattutto a Bari, autore di importanti opere d’architettura come la Galleria nazionale d’arte moderna di Roma realizzata in occasione dell’Esposizione universale nazionale del 1911 – che si avvale della collaborazione locale dell’architetto Mancini, mentre iniziano i lavori di fondazione della nuova ala del teatro. Viene anche indetta la gara per la sistemazione degli spazi interni, vinta dall’impresa del Maestro Luigi Schingo che prevale sulla ditta Belardinelli e Cordoni. Si avviano quindi i lavori per i decori interni, nel foyer, nel salone della platea, in quello dei palchi, lungo l’arco scenico. Vengono realizzati capitelli, festoni, mascheroni, fasci littori, Si dà avvio anche alla costruzione della grande cupola di copertura in ferro a forma calotta sferica, che misura alla base venti metri di diametro impiegando soprattutto maestranze e materiali locali. Un incidente durante i lavori, con il crollo di una impalcatura vede la morte di due operai che precipitano da 23 metri. Nel luglio 1934 una deliberazione podestarile prende atto dell’insufficienza dei finanziamenti (due milioni). Nel 1935, dopo la messa in opera da parte della ditta Venini di un grandioso lampadario in vetro di Murano, dal peso di 10 quintali, fornito dalla società Leonardo da Vinci, i lavori si avviano alla loro ultimazione che avverrà nel 1936. 
Il Teatro nasce con una capienza di 1600 posti (420 in platea, 600 nei palchi e 580 in galleria). L’inaugurazione, prevista per l’estate 1937, viene rinviata a dicembre, a causa del terremoto che colpisce il 17 luglio la regione. Alla presenza del podestà Di Lembo, giovedì 9 dicembre, il teatro Littorio viene inaugurato con la rappresentazione dell’opera contemporanea di Licinio Refice, Cecilia, seguita nei giorni successivi, dall’Andrea Chènier e dall’Aida, dirette dal maestro Pasquale De Angelis,  protagonista Rosetta Pampanini. Era stato invitato  Umberto Giordano che per l’assoluta impossibilità di assentarsi da Milano non intervenne, ma si scusò per lettera, dichiarando: «Sono anche orgoglioso come pugliese che la mia S. Severo possa glorificarsi di possedere uno dei teatri più belli e moderni che vanti l’Italia». 
L’edificio, di pianta quasi trapezoidale, sorto sul vasto giardino del monastero delle Benedettine, si posiziona in zona centralissima. Gli eleganti e imponenti prospetti esterni, di chiaro stile neoclassico, s’imposero prepotentemente su corso Garibaldi (la facciata) e sul Giro Esterno (il fianco sinistro), divenendo immediatamente un importante punto di riferimento per la città.
L’interno del monumento è assai raffinato. Al vasto foyer, dai toni caldi e dorati, corrisponde il più ampio e severo ridotto dei palchi (oggi Auditorium), dalle superfici molto ritmate, circondato da spaziosi salottini. La solenne sala all’italiana, dall’ottima acustica, conta cinque ordini, con vasto loggione e grande anfiteatro, e mostra i tratti di un meditato eclettismo che sembra ripercorrere la storia degli edifici teatrali europei dall’antichità classica alla contemporaneità. Dalla grandiosa cupola (dal diametro di m 19,70), che richiama quella del Pantheon romano, pende un gigantesco lampadario di cristallo di Murano, del peso di dieci quintali all’incirca (ditta Venini, 1935). Le decorazioni in stucco e i notevoli dipinti su tela che decorano i diversi ambienti dell’edificio furono realizzati, su istruzione di Bazzani, dall’artista sanseverese Luigi Schingo.
Il Teatro del Littorio, dopo la Liberazione, viene denominato Teatro Comunale e, nel 1975, Teatro Giuseppe Verdi.
L’attuale Sala delle Conferenze viene utilizzata, dal 1945 al 1974, prima dalle Truppe Alleate e poi dall’E.N.A.L. (Ente Nazionale Assistenza Lavoratori). Il Sindaco Raffaele Iacovino, stante l’indecoroso degrado riservato a questi locali, ordina lo sfratto dell’E.N.A.L. onde promuoverne una utilizzazione più dignitosa con un’attività culturale di conferenze, concerti, mostre, eccetera.
 Nel 1985 si eseguono egregiamente i lavori di restauro – in economia – con dipendenti comunali e con la supervisione rigorosa della Direzione della Biblioteca Comunale “Alessandro Minuziano”. La Sala, così, riprende la bellezza e lo splendore ordinari.
 Nel 1989 vengono affidati in appalto i lavori di ristrutturazione degli interni e di adeguamento alle nuove norme di sicurezza degli impianti del teatro, con ingenti sacrifici economici e con notevole riduzione di posti a sedere, è stato riaperto nel 1991 (ma restano tuttora incompiuti i lavori di sistemazione del quinto ordine).
Nel 1995, l’Amministrazione Comunale, rende esecutivo l’intervento di manutenzione straordinaria sulle facciate esterne e sui cornicioni, con relativa ridipintura di tutta la parte esterna del Teatro. 
 Oggi il Teatro Comunale “Giuseppe Verdi” di San Severo è la massima sala teatrale di Capitanata nonché il maggiore teatro all’italiana di Puglia dopo il Petruzzelli di Bari e il Politeama Greco di Lecce.
Il tempio sanseverese si è distinto fin dall’inizio per una programmazione varia e qualitativamente sostenuta, comprendente, oltre alla lirica, spettacoli di prosa, musical, rivista, operetta, balletto e concerti sinfonici, ospitando artisti come Raffaele Viviani, Paola Borboni, Titina e Peppino De Filippo, Nino Taranto ed Erminio Macario, e più di recente Luca De Filippo, Gianmarco Tognazzi, Tullio Solenghi, Alessandro Gassman, Paola Cortellesi, Carlo Giuffrè, Marco Columbro, Silvio Orlando, Johnny Dorelli, Loretta Goggi, Sebastiano Somma, Rocco Papaleo e Raffaele Paganini.
Tra i celebri cantanti lirici che hanno calcata la scena del “Verdi” figurano, tra gli altri, Toti Dal Monte, Margherita Carosio, Gino Bechi, Iva Pacetti, Mafalda Favero, Fedora Barbieri, Tancredi Pasero, Maria Caniglia, Giacomo Lauri Volpi, Ugo Savarese, Benvenuto Franci, Ferruccio Tagliavini, Clara Petrella, Carlo Bergonzi, Afro Poli, Giuseppe Taddei, Aldo Protti, Elena Souliotis, Rolando Panerai, Flaviano Labò, Dano Raffanti, Ghena Dimitrova, Gianfranco Cecchele, Raina Kabaivanska, Katia Ricciarelli e Nicola Martinucci.
 Tra gli eventi che hanno segnata la storia del Teatro spicca la prima assoluta di Ferdinando, il capolavoro del drammaturgo Annibale Ruccello, andato in scena il 28 febbraio 1986 diretto dallo stesso autore e interpretato da Isa Danieli.
L’edificio, alto oltre 23 metri, largo in media 25 e lungo quasi 70, copre un’area di 1750 m2. A causa della pianta trapezoidale del terreno su cui fu costruito, la larghezza del Teatro si riduce progressivamente dalla facciata al palcoscenico (l’ingegnosa soluzione si deve all’ingegnere Salvatore Celozzi, primo autore del progetto e direttore dei lavori di costruzione). All’interno ciò ha comportato un sensibile stringimento del “ferro di cavallo” della platea verso il palco, cosicché all’ampiezza della sala non corrispondono un boccascena e una buca orchestrale giustamente proporzionati. Ciononostante, il palcoscenico resta notevolmente ampio: è infatti profondo 15 metri, largo 20 e alto 17,50 (16 fino alla graticciata), per complessivi 260 m2. A dispetto di tanta ampiezza, il boccascena è largo solo 11,50 metri (per 7,20 di altezza, fino alla mantovana fissa) e la buca dell’orchestra misura appena 10 metri per 3 di profondità, potendo ospitare non più di 60 orchestrali. I camerini invece, distribuiti su sei piani, sono 50, e ad essi s’aggiunge una comoda sala-prove per la danza.
 La sala conta cinque ordini: i primi tre ospitano palchi; il quarto la prima galleria e, ai lati, le barcacce; il quinto la seconda galleria, ad anfiteatro con gradinate. Gli ingressi alla platea sono tre: il centrale, direttamente dal foyer, e i due laterali, dai corridoi dei palchi di prima fila. Agli ordini superiori si accede mediante due eleganti rampe di scale. Altre due rampe servono il ridotto dei palchi, oggi Auditorium.
 
FONTI
 – “San Severo Città di Puglia” di Carmelo G. Severino Gangemi Editore
 – “Omaggio a San Severo” di Benito Mundi e Giuliana Mundi Leccese Edizioni del Rosone