Nostra Eccellenza ecco il Sud competitivo

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“Nostra Eccellenza”,
ecco il Sud competitivo

Su 75 aziende scelte in tutta la Penisola dall’Eurispes, 18 sono distribuite tra Campania (7), Puglia (9) e Basilicata (2). Si va dal tessile alla biogenetica.

DI PATRIZIO MANNU

Dalla logistica, agli abiti da sposa; dai servizi bancari alla diagnostica meccanica, fino ad arrivare al cinema, con il tre volte Premio Oscar Carlo Rambaldi, il papa di E.T. e, prim’ancora, King Kong che in Basilicata ha fondato un’azienda polimediale. Insomma, tra gli «eccellenti» c’è posto per tutti, purché abbiano caratteristiche da primi della classe. Nel Mezzogiorno le imprese ma anche gli enti pubblici definiti dall’Eurispes «eccellenti» sono 33, su complessivi 100. Sono 21 quelle sparse fra Campania, Puglia e Basilicata.
I dati sono contenuti nel 2° Rapporto sull’Eccellenza in Italia, realizzato dall’Eurispes con il contributo della British American Tobacco Italia e presentato mercoledì scorso. A questo punto occorre fare un distinguo: l’Eurispes nel computo delle eccellenze ha inserito anche alcuni enti pubblici come la Camera di commercio di Potenza, il Cesp (Centro servizi per le piccole e medie imprese) di Matera e l’Istituto professionale di Stato per i servizi alberghieri in Puglia.
Dedicandoci invece alle imprese (18), quali sono quelle entrate nel novero delle migliori? In Basilicata troviamo la «Officine Rambaldi» e l’«Operatore collettivo- Piani e programmmi di azione locale». In Campania risiedono «Gallozzi group», «Mp Infissi», «Pastificio Garofalo», «Rispo Sri», «Sartoria Sabino», «Tissuelab» e «Banca delle Campania». Infine in Puglia ci sono «Bellantuono», «Banca popolare di Puglia e Basilicata», «D’Araprì», «Euro Progea», «Fantasy Intimo», «Mer Mec», «Studio 100 Tv Salento».

Le imprese eccellenti
Sono 75 le imprese private selezionate e inserite dall’Eurispes nel 2° Rapporto «Nostra Eccellenza», 25 gli Enti e le Istituzioni pubblici. La quota più elevata di imprese presenti nel Rapporto operano nel settore manifatturiero (24%). Ben rappresentati sono anche l’ambito dei servizi (17,3%) e quello dell’agricoltura, caccia e silvicoltura (10,7%); seguono le imprese del settore finanziario (6,7%) e quelle dell’industria alimentare (6,7%). Per quanto riguarda la distribuzione regionale delle imprese private selezionate, la Puglia risulta la regione italiana più rappresentata con 9 imprese (12%), seguita dal Lazio con 8 (10,7%) e dalla Campania e dalla Toscana, entrambe con 7 imprese (9,3%). Nel caso delle Istituzioni, invece, la regione più rappresentata risulta essere il Lazio con 13 casi istituzionali di eccellenza, concentrazione spiegabile anche con l’alto numero di Istituzioni presenti nella Capitale.
 
Alcuni dati di sistema
Quello italiano è un sistema economico costituito da oltre sei milioni di imprese, circa una ogni 10 abitanti, e ciò rende l’Italia un caso unico in Europa. La maggiore concentrazione di imprese si registra nelle regioni meridionali e nelle Isole (2.024.192 imprese) che rappresentano, da sole, il 33% del totale nazionale, seguite da quelle del Nord-Ovest con il 26,3% (1.607.094 imprese). Le regioni del Centro Italia e del Nord-Est mostrano una distribuzione delle imprese molto simile (rispettivamente 1.256.169 nelle regioni centrali e 1.212.033 in quelle del Nord-Est), con un’incidenza sul totale del 20,6% e del 19,9%. A guidare la classifica per numero di imprese presenti sul territorio regionale è la Lombardia che fa registrare un valore percentuale del 15,8% con 959.981 imprese, seguita dal Lazio (568.919), dalla Campania (542.802), dal Veneto (509.376) e dalla Sicilia (480.001). Occupano gli ultimi posti della classifica il Molise e la Valle d’Aosta che contano rispettivamente 36.207 e 14.579 imprese. La distribuzione delle imprese italiane per comparto mostra come un quarto all’incirca di esse si concentri nel settore del commercio all’ingrosso e al dettaglio, dei beni personali e per la casa con quasi 1.600.000 imprese (25,9%). Piuttosto numerose, inoltre, le imprese operanti nel settore dell’agricoltura, della caccia e della silvicoltura (931.221, il 15,3% del totale), delle costruzioni (831.785, il 13,6%) e delle attività manifatturiere (12,2%).
Meno diffuse risultano essere le imprese impegnate nella produzione e distribuzione dell’energia elettrica, del gas e dell’acqua (0,1%) con appena 3.704 imprese operanti sul territorio e nell’estrazione di minerali (5.665). Il livello di competitività del Paese si riflette anche sull’andamento dei prodotti made in Italy che negli ultimi anni ha subito la competizione dei mercati orientali e dell’Est europeo. L’indicatore più significativo per quanto riguarda il made in Italy è costituito dalle esportazioni. Dall’analisi degli ultimi dati disponibili (riferiti al 1° trimestre del 2007), emerge una situazione di evidente ripresa nell’evoluzione delle esportazioni in tutti i settori tipici del made in Italy. La crescita delle esportazioni registrata nel primo trimestre del 2007, rispetto allo stesso periodo del 2006, è evidente in particolare nel settore dei prodotti petroliferi raffinati (+66,1%), dei metalli (+46,3%), dell’energia elettrica, dell’acqua e del gas (+45,5%). Pur se in crescita, il settore tessile non mostra una tendenza in forte rialzo (+4,4%). Il settore dei mobili continua a subire la concorrenza dei paesi con una lunga tradizione nella lavorazione del legno (come la Romania e in generale i paesi dell’Europa dell’Est), e il valore registrato nel 10 trimestre del 2007 è sostanzialmente in linea con quello registrato nello stesso trimestre dell’anno precedente (2.134 milioni di euro del 2007 vs. 1.990 milioni del 2006). Per ciò che riguarda la creazione e la chiusura di imprese, si segnala, nel corso del primo trimestre del 2007, il numero più alto di iscrizioni (142.416) e di cessazioni (156.624) registrato tra il 1998 e il 2007. Nel primo trimestre 2006, invece, le iscrizioni erano sta-te 137.156 a fronte di 137.333 cessazioni. Il quadro generale, indica dunque un tasso di natalità/cessazione che delinea un sistema sostanzialmente in equilibrio. Questi, se pur timidi, segnali di ripresa che provengono dall’economia italiana nel 2007 non devono far dimenticare che il sistema produttivo sta attraversando una fase di trasformazione complessa e densa di difficoltà.
Chiudono i battenti quelle aziende specializzate in fasi della produzione che basavano la loro strategia produttiva sulla leva del prezzo, per le quali viene meno la convenienza localizzativa in Italia. Le nuove imprese che riescono ad affermarsi sul mercato sono in grado di lavorare nei segmenti della filiera più vicini al consumatore ed a più elevato valore aggiunto, restando pur sempre nel solco dei settori che hanno decretato il successo del made in Italy. Questo cambiamento nelle strategie d’impresa ha come protagoniste le aziende di medie dimensioni. Esse hanno una maggiore capacità di proiettarsi all’estero e sono caratterizzate da alti livelli di redditività, capacità innovativa e utilizzo di capitale umano qualificato. Queste imprese poggiano su un’immagine ben riconoscibile, ancorata alla cultura e alla tradizione produttiva italiana. Ciò dimostra che si può essere competitivi anche coltivando l’eccellenza nei settori tradizionali del made in Italy, sapendo innovare nei prodotti, incorporando tecnologia nel processo produttivo, governando le filiere di commercializzazione attraverso idonee politiche di marchio, forti reti di vendita e adeguato sviluppo della logistica. Gli stessi traguardi di eccellenza attraverso l’innovazione devono esser perseguiti, del resto, anche in altri settori strategici per il nostro Paese, come quelli del turismo e della logistica. All’interno di questi percorsi possono giocare un ruolo importante le piccole imprese, a condizione però che esse siano anelli di una filiera e siano inserite in percorsi di qualità, assicurando flessibilità organizzativa e dimostrandosi ricettive all’introduzione di innovazioni. Per crescere ed essere protagonista sui mercati internazionali l’Italia deve quindi puntare su due aspetti: l’integrazione in rete del sistema produttivo e l’innalzamento del livello di competitività generale. Crescita dimensionale e messa in rete delle imprese possono favorire anche la soluzione di un’altra criticità insita nella struttura produttiva dell’economia italiana, ossia la mancanza di innovazione. Infatti le ridotte dimensioni delle imprese impediscono sia di svolgere attività di ricerca e di innovazione al proprio interno, sia di avvalersi degli avanzamenti della ricerca e dell’innovazione sviluppati da strutture specializzate.
 
I commenti
«Anche quest’anno — dichiara il professor Gian Maria Fara, presidente dell’Eurispes —, l’Istituto ha individuato 100 realtà imprenditoriali e istituzionali, che si vanno ad aggiungere a quelle già monitorate nella prima edizione del Rapporto sulle Eccellenze in Italia.
 L’importante obiettivo che l’Istituto si propone, attraverso questa azione annuale di monitoraggio, è quello di costruire, tassello dopo tassello, una mappa sempre più aggiornata e approfondita di quelle esperienze di eccellenza che possono contribuire a rendere sempre più competitivo il nostro Paese. Si è trattata quindi di una scelta condotta certamente con criteri scientifici, ma connotata anche da caratteri di particolare casualità a fronte di una realtà produttiva complessa, come quella italiana, che può contare su un consistente numero di imprese, in larghissima parte di piccola e media dimensione. Preme sottolineare — prosegue Fara — che i 100 casi selezionati altro non sono che la metafora di un Paese che funziona, nonostante le difficoltà del ciclo economico, i ritardi organizzativi e culturali, le pastoie di una burocrazia che disperde spesso energie vitali e fiacca la spinta al cambiamento, comprimendo le occasioni di sviluppo. «Semplificare e sburocratizzare» devono essere allora le parole d’ordine per rendere più efficiente e competitivo il sistema delle imprese in Italia. Scorrendo l’elenco delle 100 esperienze inserite nel Rapporto, è facile rendersi conto che queste imprese, enti, istituzioni e associazioni producono una forte spinta psicologica, una energia positiva e una iniezione di fiducia a beneficio di tutto il Paese. Ecco perché a queste esperienze di eccellenza — conclude Fara — vanno riservate una particolare cura e una grande attenzione. A questi concentrati di vitalità organizzativa e di energia imprenditiva, va assicurato, da parte della politica e delle Amministrazioni pubbliche, un sostegno reale che ne assecondi il dinamismo, soprattutto attraverso la creazione di un ambiente circostante (economico, amministrativo, infrastrutturale e culturale) coerente e propulsivo, in grado di alimentarne lo sviluppo». «La responsabilità sociale dell’impresa, intesa come assunzione di responsabilità nei confronti della società e dell’ambiente — dichiara l’ad Francesco Valli — è un principio in cui la British American Tobacco crede fermamente. Se ben gestite le aziende possono alimentare e sostenere lo sviluppo economico: è proprio per questi motivi che la British American Tobacco Italia sostiene il Rapporto Eurispes sulle esperienze produttive di successo del sistema Italia. L’adesione a questi valori — continua l’ad della British American Tobacco Italia — ha spinto la nostra società a far nascere nel 2004  “Operandi Fondazione British American Tobacco Italia Onlus”, la prima fondazione in Europa di utilità sociale nata da un’impresa del settore del tabacco. Tra le altre iniziative, dallo scorso anno abbiamo avviato, unica azienda del settore, un processo strutturato di dialogo con i consumatori ed oggi, in questo prestigioso incontro, abbiamo il piacere di presentare -In Dialogo. Il nostro dialogo con i consumatori – il primo Social Report di British American Tobacco Italia». 
 
 
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MEZZOGIORNO ECONOMIA
lunedì 2 luglio 2007