L’ECONOMIA DELLA TRANSUMANZA

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L’ECONOMIA DELLA TRANSUMANZA
 
Alfonso d’Aragona, conquistato definitivamente il regno di Napoli nel 1442, mette in atto una serie di riforme – tra cui, importantissima, la riorganizzazione del demanio armentizio del Tavoliere di Puglia – in modo da incrementare le entrate erariali di uno dei cespiti più importanti del fisco regio. Già con alcuni provvedimenti del 1443, (ma ancor più con il privilegio del 1 agosto 1447), il sovrano aragonese reimposta su nuove basi l’intera materia, imponendo a tutt’ i pastori del regno di condurre ogni anno, prima delle piogge autunnali, le proprie greggi nelle pianure del Tavoliere, con l’obbligo di utilizzare soltanto i pascoli della Curia, garantendo in cambio transiti sicuri, erbaggi in abbondanza e difesa contro i soprusi e un foro privilegiato, (con l’esenzione quindi da ogni altro giudice, che non sia quello doganale, che acquista competenza per ogni tipo di
 causa, civile, criminale e mista, e interessa tutti i sudditi della Dogana). E a tale scopo istituisce la “Dohana menae pecudum Apuliae” una speciale magistratura con il compito di curare la gestione amministrativa e giurisdizionale di tale demanio armentizio. Il primo doganiere, il catalano Francesco Montluber, dotato di pieni poteri, “cum mero et mixto imperio ac potestate gladio” vale a dire con il potere di condannare i rei anche all’estremo supplizio – viene incaricato di impostare le basi della complessa macchina amministrativa statale. 
 
Il provvedimento aragonese del 1447 decreta l’obbligo di pascolo in base ad un sistema rigido imperniato sull’affitto annuale delle terre di pianura ai pastori delle circostanti montagne per l’allevamento transumante di ovini ed il diritto di pascolo sui maggesi o sul riposo dei campi autorizzati alla semina, affittati temporaneamente in vastissime estensioni.
 Per soddisfare la domanda di terreni a pascolo, poiché la Corte non ha a sufficienza erbaggi propri, vengono aggiunti ai tradizionali pascoli regi altre terre che la stessa Dogana prende in affitto, a tempo indeterminato, da “baroni, università, luoghi pii ed altri particolari padroni di territori”. E così “tutti i campi, territori, erbaggi, monti, acque ed altri luoghi ( ..) non conceduti a privati, e specialmente se sono luoghi incolti, deserti e boscosi, s’intendono riserbati per la Corona” e devoluti a favore del fisco regio per il pascolo degli armenti. Quasi tutto il territorio della Capitanata, con sconfinamenti ben oltre il corso dell’Ofanto, in Terra di Bari e sin quasi alla penisola salentina, ormai vincolato alla pastorizia transumante, viene suddiviso, “per comodità dell’amministrazione“, in ampi comprensori denominati “locazioni” di cui la parte più consistente, il “saldo vergine” è destinata esclusivamente al pascolo degli animali, ed una piccola parte, la “mezzana” al pascolo dei buoi aratori, mentre la restante parte, la “portata” è dedicata alla coltivazione cerealicola, con l’obbligo di pascolo nel riposo biennale della rotazione. 
Il territorio di San Severo viene interessato in pieno da questa riforma perché rientra dentro i confini di ben tre locazioni, di Arigliano, l’attuale Rignano Garganico, di s.Andrea e di Casalnuovo: la locazione di Arigliano, una delle migliori per la qualità degli erbaggi, capace di accogliere oltre 74 mila pecore, interessa la città perché comprende quasi tutti i possedimenti demaniali posti nella parte settentrionale del territorio; la locazione di S. Andrea, più piccola di estensione ma vicina alla città, sul suo versante meridionale, ha più del 50% delle terre destinate al solo pascolo; la locazione di Casalnuovo, che si estende sul lato nord-occidentale, verso Torremaggiore, aggiunge alla vicinanza alla città, anche la notevole estensione delle sue “terre salde” ad uso esclusivo del pascolo degli armenti. 
A queste tre locazioni si possono aggiungere altre due locazioni, quella di Castiglione, che costituisce il punto di arrivo e di partenza delle vie della transumanza che da Foggia si dipartono a raggiera, e quella di Guardiola, posizionata al di là di S. Andrea e di Casalnuovo, che interessano comunque San Severo, pur essendo localizzate ai margini del territorio sanseverese, nella parte occidentale più estrema, verso Lucera.
 La centralità della pastorizia mette in secondo piano l’agricoltura dei campi e, di conseguenza, non soltanto la cerealicoltura viene sacrificata alle esigenze della transumanza, ma anche le colture specializzate, come uliveti e vigneti, assai diffuse nel territorio di San Severo, vengono fortemente ridimensionate. 
La locazione degli erbaggi, fatta in così grande scala, porta ogni anno ingenti risorse nelle casse dello Stato e la maggior parte di questa ricchezza finisce nelle mani di coloro, feudatari, enti religiosi, singoli proprietari, che danno in affitto perpetuo alla Dogana le loro terre: infatti per usufruire dei pascoli pugliesi durante i mesi freddi, dal 29 settembre all’8 maggio, “dall’uno all’altro S.Michele“- il potente arcangelo-guerriero, santo patrono di queste contrade, rinsalda con la forza della devozione popolare il calendario pastorale – il pastore abruzzese corrisponde alla Dogana aragonese una “fida” di 132 ducati per ogni mille ovini portati al pascolo, e la Dogana, a sua volta, destina 100 ducati al pagamento del fitto dei fondi ai rispettivi proprietari – i quali, inoltre, conservano la possibilità di utilizzare nel periodo estivo i terreni allo sfruttamento dell’erba “statonica“.
 I “locati” come vengono chiamati i proprietari di greggi che conducono o mandano a svernare i propri animali nelle terre della Dogana, sono tenuti a utilizzare ogni anno le stesse locazioni, sotto pena di pagare comunque la “fida” anche senza l’effettivo uso del pascolo. Lo Stato si garantisce nella vendita dei pascoli il diritto di privativa; a nessuno, poi, è concesso di vendere di propria iniziativa ed è consentito il pascolo dei soli animali di proprietà.
Poiché i fondi ordinari non bastano a soddisfare la crescente domanda di erbaggio, la Dogana si dota di altri territori, chiamati “fondi straordinari” che vengono aggregati ai fondi ordinari, con la ulteriore possibilità, nel caso di sopraggiunte necessità, di provvedere con fondi detti “straordinari insoliti“. Per questi ultimi, però, la mancata richiesta entro il 15 ottobre dell’uso dell’erbaggio straordinario da parte della Dogana, esonera il proprietario dal rispetto del vincolo fiscale consentendogli quindi l’uso privato.
 A primavera le pecore vengono tosate e commercializzate con l’obbligo, per i locati, di vendere esclusivamente alla grande fiera di Foggia, da maggio ad agosto, i prodotti della pastorizia, vale a dire lane, formaggi, agnelli, capretti e giovenche, per pagare la “fida” alla Dogana. La lana non venduta viene conservata nei magazzini della Dogana come garanzia, sino al pagamento della “fida“. Per facilitare la vendita delle lane dei locati il governo introduce l’obbligo per tutti i commercianti del regno, di acquistare, con precedenza assoluta, le lane alla fiera di Foggia.
 Le locazioni vengono utilizzate ogni anno da pastori provenienti sempre dagli stessi paesi di origine e così le locazioni di San Andrea e di Casalnuovo, che interessano direttamente San Severo, vengono occupate dagli abruzzesi di Pescocostanzo, la prima, e di Carapelle, la seconda, stabilendosi in tal modo un più stretto rapporto tra le varie comunità.
L’organizzazione della transumanza nel regno, così come viene strutturata dal doganiere Montluber tra il 1447 ed il 1458, dà quindi luogo ad una macchina amministrativa articolata e complessa che coinvolge un altissimo numero di funzionari. Inizialmente la sede della Dogana è a Lucera, ma dal 1468 viene trasferita a Foggia, in posizione più centrale rispetto alla pianura del Tavoliere, dove nel 1470 viene istituito anche un foro straordinario particolare.
Per consentire il movimento di un così numeroso gregge costituito da centinaia di migliaia di animali che si spingono dai monti di Abruzzo alle pianure di Puglia, e collegare i pascoli estivi dei versanti meridionali del Gran Sasso, della Maiella, dei pianori dei Cinquemiglia e dell’Alto Molise con gli erbaggi invernali pugliesi, dal Fortore sino ai primi contrafforti delle Murge baresi, vengono ripristinate le antiche vie naturali organizzando i tratturi, piste in terra battuta, decisamente larghe – 60 trapassi napoletani, equivalenti a 111 metri – che permettono due volte l’anno il trasferimento periodico dei pastori ed il transito degli armenti.
Si utilizzano quindi antichi tracciati viari, direttrici di percorrenza pastorale che da tempo immemorabile consentono il transito transumante, ripristinando, laddove si rende necessario, le “viae publicae” non più frequentate e ormai dismesse. Per fare riposare uomini e bestie, visto l’enorme afflusso di animali che transitano per i tratturi -centinaia di migliaia di pecore, alcune migliaia di animali di servizio, migliaia e migliaia di pastori – si dà la possibilità di sostare per una notte o al massimo per un giorno intero, attrezzando lungo i tratturi, ai margini della strada, aree pascolative come spazi di riposo per lo stazionamento ed il controllo degli ovini: in ogni caso, però, sui tratturi è rigorosamente vietato “mantenere vigne, ortali, arbusti, giardini, seminati, difese” e per i trasgressori sono previste pene severe. Squadre di cavallari, i “lupi” della Dogana, esercitano la vigilanza, controllano i tratturi ed i passi, scortano i locati alle loro poste, proteggono da assalti e rapine i pastori in transito, impediscono che si riparta senza aver prima pagato la “fida” dovuta. E per garantire il collegamento tra i tratturi e i centri abitati, vengono aperti numerosi sentieri minori, i tratturelli, piste meno larghe dei tratturi, di 27 metri di larghezza. Tratturi e tratturelli vengono individuati con il nome delle città di origine e di destinazione.
Sin dal 1447 vengono organizzati tre principali tratturi regi, con inizio rispettivamente dall’Aquila, da Celano e Sulmona, da Pescasseroli e Castel di Sangro, che coprono i duecento chilometri esistenti tra l’Abruzzo e la Puglia, seguendo itinerari e percorsi differenziati.
Il territorio di San Severo è interessato in pieno dal tratturo L’Aquila-Foggia, che costituisce la via pastorale che giunge al Tavoliere dall’Aquila per proseguire sino a Foggia attraverso la locazione di S.Andrea.
 
Tratto da “San Severo Città di Puglia” 
 di Carmelo G. Severino
Gangemi Editore