L’agronomo Pier de Crescenzi e le prime “guide” dei vini

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L’agronomo Pier de Crescenzi e le prime “guide” dei vini

Tra il basso Medioevo e il Rinascimento, numerosi furono coloro che si occuparono di descrivere in trattati, anche dal taglio aristotelico o naturalistico, gli aspetti tecnici della coltivazione della vite. Tra questi si erge la figura del bolognese Pier de Crescenzi. Nel suo Liber Ruralium Commodorum scritto agli inizi del ‘300, egli interpretò il momento storico dell’Italia centro-settentrionale in occasione del suo riscatto dalle costrizioni imposte dalle servitù agrarie dei secoli precedenti. Fu certamente il libro che trattava argomenti di agricoltura più famoso del tempo, se si pensa che furono pubblicate 12 edizioni latine,18 tedesche, 2 polacche e 1 inglese. La descrizione delle varietà riportate rappresentò ricchezza di particolari e indicazioni agronomiche talmente innovative da essere imitata nel 1800.
La fine del ‘400 vede l’Italia al vertice in Europa nelle lettere, arti, scienze e agricoltura. Se all’inizio di questo secolo i vini italiani aventi un vero nome, specifico, non superavano forse la dozzina, verso la fine del ‘500 questi erano diventati quasi un centinaio. Della loro descrizione si occupa un naturalista, medico di Papa Sisto V, nella sua opera Storia dei vini d’Italia, pubblicata nel 1560, Andrea Bacci, che offre il quadro completo dell’enografia italiana, descrivendo, da buon neogeorgico, di ogni vino i luoghi di produzione, la loro storia e naturalmente le caratteristiche qualitative. Poca attenzione viene rivolta all’aspetto varietale. L’ illustre medico precisa le proprietà igieniche e terapeutiche delle diverse tipologie. Sono riportati vini di tutte le regioni italiane anche se la maggiore dovizia di particolari è riservata ai vini laziali, campani, siciliani e delle Marche, sua terra d’origine.
In un’opera meno completa, una sorta di diario di due viaggi al seguito del Papa Paolo III Farnese del quale era il bottigliere, Sante Lancerio, coevo del Bacci, descrive vini italiani, francesi e spagnoli che venivano serviti alla mensa del pontefice. Sono vini che provengono anche da piccole località, spesso sconosciute, per i quali il giudizio di merito non coincide con quello del Bacci. Molto divertente è il commento sui vini francesi: “Sono buoni pei francesi per rosicare loro la collera, sicché in Roma non sono vini da signori“.
Altri cronisti nel secolo successivo si sono cimentati nella scoperta e descrizione di numerosi vini italiani. Tra questi il Rendella che si occupò soprattutto di vini dell’Italia meridionale, il Lando che descrisse i vini del centro-nord e il Croce che invece si limitò ai vini piemontesi.

Fonte: La Vite e il Vino – Bayer CropScience 2007