Fine della Transumanza

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Fine della Transumanza 
 
Una legge di riforma estremamente importante, per le ripercussioni sociali che ne derivano, è la legge n.75 del 21 maggio 1806 sul Tavoliere di Puglia, emanata appena due settimane dopo la visita di Giuseppe Bonaparte a Foggia, che ha come effetto immediato la fine della transumanza istituzionalizzata. La legge, che sovverte in modo rivoluzionario il plurisecolare aspetto giuridico del Tavoliere caratterizzato dal regime doganale, infatti, prescrive che le masserie fiscali “o sia le terre salde di corte a coltura restano censite in perpetuo ai coloni, o possessori attuali di esse”, ad un canone di 154 ducati a carro, pari a poco più di due ducati ad ettaro, riscattabile al 5% in dieci anni, maggiorato del 10% per i locati, e a tale scopo viene istituita, nello stesso mese di maggio, la suprema giunta per la censuazione che resta in vigore sino al maggio 1.808.
 La legge prevede anche lo scioglimento di ogni promiscuità di pascolo, la reintegra dei tratturi e dei riposi laterali, l’eliminazione del tribunale della dogana e la decadenza di tutti gli antichi privilegi dei locati. La legge, inoltre, abolisce anche i fitti degli erbaggi ed esclude dalla censuazione i proprietari di pascoli con più di mille ettari. Di tutti i diritti o privilegi fiscali resta soltanto il pascolo estivo ai vecchi locati – il diritto di statonica – che però viene anch’esso abolito con successivo decreto del 26 novembre 1808 “per accelerare i salutevoli effetti della legge ed assicurare alle belle contrade di Puglia quella prosperità, che dipende dal miglioramento dell’agricoltura, da cui sorge l aumento della ricchezza e della popolazione di una nazione“, ma in realtà per la pressione dei maggiori ex feudatari di Capitanata, dai Di Sangro ai Marulli, alleati per l’occasione alle famiglie borghesi proprietarie terriere, dai Fania ai Del Sordo di San Severo, ai Celentano di Foggia, ai La Porta di S.Paolo di Civitate, e con l’opposizione dei comuni interessati costretti a fronteggiare le gravi ripercussioni sulla produzione, poiché il provvedimento toglie pascolo al bestiame aratorio. Tra coloro che richiedono la censuazione dei pascoli estivi – quasi 20 i cittadini di San Severo – vi sono Nicasio, Saverio e Vincenzo Caso, Francesco e Giampietro Petrulli, Francesco Paolo Maselli, Antonio, Benedetto e Michelangelo Del Sordo, che riescono ad entrare in possesso delle statoniche relative alle poste di S.Antonino da piedi, Castellana, Monaca, Risecata, Vioragni, tutte appartenenti al principe Di Sangro. 
Nel quadro di un rimaneggiamento fondiario affidato espressamente a meccanismi in prevalenza finanziari, emergono nuovi protagonisti che colgono le numerose opportunità di arricchimento: accanto al principe Di Sangro, riescono quindi a far la parte dei leoni nell’operazione di censuazione del Tavoliere, numerosi cittadini di San Severo, tra cui Prospero Fania, i fratelli Del Sordo, Michele e Nunzio Bucci, Giampietro e Francesco Petrulli, Prospero Fania, che ormai si presenta decisamente tra i personaggi più rappresentativi della città, già mastrogiurato nel 1799 e, nel 1808, membro del consiglio provinciale di Capitanata e socio onorario della Società di agricoltura, primo nucleo della futura Società economica, (cui si deve la elaborazione della statistica murattiana ad opera del suo segretario generale padre Serafini Gatti di Manduria), riesce ad accaparrarsi, tra il 1806 ed il 1810, insieme ad altri proprietari eccellenti come la principessa Eleonora Doria di Montesarchio, il marchese Celentano di Foggia ed il marchese del Vasto, anche una parte dei 7.400 ettari di erbaggi appartenenti ai luoghi pii, noti con il nome di “terre azionali”; censite soltanto ai cittadini di Capitanata, come le terre azionali della Palude e Li Stazzi, del clero di s.Giovanni Battista e molte altre terre, sempre alla Pezza della Palude, appartenenti al Capitolo della cattedrale. Inoltre Prospero Fania ottiene anche le “masserie grandi” di Casalorda, S.Iusta e Torre, nella locazione di S.Andrea, la censuazione delle poste di Postanova e Castellammare, nella locazione di Procina, le poste franose di S.Leuci comprese nelle locazioni di Procina, Guardiola, Lesina ed Arignano. E queste ultime insieme a Lorenzo Angelone, barone di Rocca Raso. 
Più in particolare, tra i quasi trenta cittadini di San Severo, che richiedono tra il 1807 ed il 1809 la censuazione delle terre azionali appartenenti ai luoghi pii, vi sono Giampietro Bucci, che riesce ad ottenerne numerosi lotti per oltre 642 ettari in totale (tra cui, in località Zecchino, il terreno di 300 ettari delle monache benedettine), Domenico Maselli, con oltre 275 ettari, Gaetano Festa (174 ettari) e Antonio Albani (oltre 90 ettari).
 Tra il 1807 ed il 1813 la maggior parte delle terre del Tavoliere, sia a pascolo che a coltura, è concessa a miglioria ai censuari, invogliati ad acquistare dalla quasi piena proprietà dei fondi, ma permangono diversi nodi irrisolti perché molti sono gli esclusi né sono pochi i censuari che finiscono con l’avere forti problemi economici. La legge di riforma del Tavoliere, in ogni caso, se ha il merito di porre fine alla secolare transumanza abruzzese colpendo il principio della promiscuità degli usi mediante la privatizzazione delle terre a pascolo e a coltura, si dimostra purtroppo lo strumento atto a consolidare le grandi proprietà esistenti, incoraggiando la concentrazione fondiaria da parte dei ceti privilegiati, ex feudatari in prima linea, che si costituiscono in una “consorteria di latifondisti, libera da tutti i vecchi vincoli connessi al regime doganale e a quello feudale comunitario“. Vi sono comunque diverse eccezioni, soprattutto per i “terreni azionali” che con la censuazione vengono concessi in enfiteusi ai coloni che li lavoravano, e per i “versurieri” i pastori che hanno meno di 20 versure di terreni fiscali a pascolo, che riescono ad ottenerne i contratti di coltura.
 
Tratto da “San Severo Città di Puglia” 
 di Carmelo G. Severino
 Gangemi Editore