COMPOSIZIONE CHIMICA DEL LEGNO

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Per la costruzione della botte devono essere impiegate solo parti di tavole prive di nodi passanti, ripulite della scorza. e dell’alburno (zona esterna vicino al cambio, ben individuabile per il colore chiaro); si utilizza quindi solo il durame.
Questo è costituito esclusivamente da cellule morte il cui contenuto, per l’elevata permeabilità delle membrane, può impregnare le pareti delle cellule ed occupare gli spazi tra le stesse e quindi essere poi in parte ceduto al liquido che giunge a contatto con queste superfici.
In questa zona interna del tronco si trovano le “tillosi“, specie di ernie formatesi all’interno del tessuto parenchimatico (organi di riserva) particolarmente ricche di sostanze polifenoliche che, assieme a quelle già abbondantemente presenti sulle pareti e negli spazi intracellulari, vanno a creare un ambiente molto difficile per i microorganismi, a vantaggio della resistenza del legno agli attacchi batterici e fungini. La composizione chimica del legno di rovere può variare anche in modo considerevole in funzione della provenienza, della specie di rovere, dell’età della pianta ecc.

La composizione biochimica del durame varia in modo non indifferente dall’interno alla periferia, ed anche nel senso della lunghezza del tronco per cui le singole doghe possono presentare un diverso comportamento nei confronti delle cessioni.

Il durame di quercia, in media, è composto di:

Cellulosa ……………………………………………………… 40%
Lignine ………………………………………………………… 25%
Emicellulosa …………………………………………………. 20%
Tannini ellagici ……………………………………………… 10%
Osi, lipidi, steroli, sostanze volatili e minerali …….. 5%

riferita al suo peso secco.
Le macromolecole polisaccaridiche (cellulosa, emicellulosa) e polifenoliche (lignine) costituiscono l’85% del legno. Su questo gruppo di costituenti, si notano poche variazioni tra le principali specie di querce utilizzate per la fabbricazione di botti.

Cellulosa. E’ un polisaccaride a catena lunga lineare di glucosio. Il polimero è costituito da unità glucopiranosio anidro (C6H10O5)n unite da legami ß-1,4 glicosidici:

Una catena di cellulosa contiene circa 10.000 unità di glucosio con un peso molecolare approssimativo di 1,5-2 milioni. I tre gruppi idrossilici, in ciascuna unità di glucosio, formano legami idrogeno (inter e intramolecolari) che determinano la struttura dura del legno e forniscono le caratteristiche fisiche necessarie ad un materiale da costruzione. Un esempio di cellulosa pulita sono le fibre di cotone. Analisi realizzate su grandissimo numero di campioni ci indicano che la cellulosa è parzialmente presente sottoforma cristallina (% Ccrist.= 45%),

Emicellulosa. E’ una miscela di polisaccaridi, soprattutto zuccheri a 5 atomi di carbonio (xilosio e arabinosio) e a 6 atomi di carbonio (galattosio, mannosio e ramnosio). In molti casi la catena principale del polimero (che può essere un omopolimero o un eteropolimero) presenta diramazioni con diverse unità di zuccheri. I polimeri di emicellulosa sono più piccoli di quelli di cellulosa. Le emicellulose sono naturalmente acetilate. L’emicellulosa forma dei legami idrogeno con la cellulosa e, in combinazione con la cellulosa, funge da materiale strutturale nel legno. Sono conosciuti vari tipi di emicellulosa dai nomi spefici: pectine, xilani, amido, mannani e galattani. La cellulosa e l’emicellulosa costituiscono le maggiori pareti cellulari e il materiale fibroso di qualsiasi pianta.

Lignina. Rappresenta il secondo costituente del legno dopo la cellulosa e, oltre alla funzione meccanica, contribuisce in misura rilevante alle cessioni che passano al vino ed ancor più nei distillati. La lignina è sensibile agli alcali concentrati ed al riscaldamento con vapore superiore a 120° C per tempi lunghi. Di questo occorre tener conto negli interventi di pulizia, anche se in pratica solo il vapore ad alte temperature e per tempi prolungati può danneggiare questo costituente. La lignina viene anche attaccata e decomposta da muffe, in particolare quelle di colore biancastro: ne possono derivare composti diversi tra i quali gli aromi balsamici. Altre reazioni trasformano la lignina in composti meno complessi, dai quali possono originarsi aldeidi e chetoni di odore vanigliato.
Le lignine del legno di quercia sono dei polimeri tridimensionali costituiti dalla copolimerizzazione degli alcoli idrossicinnamilici (alcol p-cumarilico, coniferilico e sinapilico):

Il polimero è il risultato di un ampio numero di combinazioni di siti di polimerizzazione (legami eterei C-O-C e carbonio-carbonio) e quindi è estremamente ramificato. La lignina agisce come materiale legante nella struttura del legno. Si trova principalmente nelle pareti cellulari, ma anche nel legno. Le lignine impregnano la parete cellulare e sono principalmente localizzate nella parete primaria. Alle lignine si attribuiscono le proprietà meccaniche del legno e la sua idrofobicità. Il carattere eterogeneo delle lignine è un fattore importante all’origine della grande variabilità di composizione di struttura tra le specie, all’interno della stessa specie e pure in funzione della loro posizione nei tessuti.
Durante la lavorazione ed il trattamento del legno destinato ai bottai, numerosi fattori sono suscettibili di alterare la struttura delle lignine e di favorire la loro degradazione. Alcune di queste operazioni sono l’essiccazione naturale o artificiale in stufa, la curvatura seguita dalla tostatura delle doghe. Intervengono meccanismi di ordine biochimico, chimico e fisico.

Tannini. Sono sostanze con peso molecolare elevato, anche per i legami con altri composti quali il glucosio, sempre presente nel legno di rovere. Si trovano nel tessuto parenchimatico e, durante la stagionatura, si depositano aderendo soprattutto alla lignina. Passano abbastanza facilmente in soluzione nel vino con intensità decrescente nei primi 4-5 riempimenti; in seguito le cessioni tendono a stabilizzarsi, attenuandosi molto lentamente nel tempo.

Si distinguono:

Tannini ellagici. Si trovano soprattutto nel legno non ancora completamente stagionato sotto forma di esteri e glucosidi dell’acido d-gallico e conferiscono un caratteristico sapore amaro ed astringente poco gradevole. Con il completamento della stagionatura e, anche in seguito con la conservazione della botte, l’acido d-gallico viene scisso, dall’enzima depsidasi, in acido gallico libero, caratterizzato da un sapore dolce e gradevole. Allo stesso modo evolvono altri tannini gallici idrosolubili, consentendo al legno di continuare a cedere sostanze polifenoliche gradevoli che influiscono positivamente anche sul corpo del vino contenuto.
Appartengono al gruppo dei tannini idrolizzabili e sono copolimeri degli acidi gallico e ellagico con gli zuccheri (soprattutto il glucosio) e sono pertanto chiamati tannini gallici e ellagici.

Il totale dei tannini idrolizzabili contenuti nel legno costituiscono circa il 5-10% del suo peso secco. Al di là di questo valore, i composti fenolici sono estraibili e riscontrabili nel vino solo fino a 300 mg/l (come GAE), in una botte da 225 l dopo un anno di affinamento. Nei legni di quercia (Q. petraea, Q. robur) e di castagno (Castanea sativa) si riscontrano prevalentemente due isomeri , la vescalgina e la castalgina le cui strutture, determinate di recente, sono:


La castalagina e la vescalagina sono composte da cinque anelli di acido gallico esterificati ad una molecola di glucosio, nella sua forma a catena aperta. I due composti sono epimeri in C1 del glucosio. Nella grandinina l’idrossile in C1 della vescalagina è sostituito dalla molecola di zucchero (lixosio).
Più recentemente, sono stati descritti dei tannini ellagici dimeri e delle forme pentosilate, si tratta di roburine A, B, C, D, E e di grandinina. Queste varie strutture sono costituite da un glucosio lineare i cui OH sono esterificati con delle funzioni carbossiliche di gruppi esaidrossidifeniche e nonaidrossitrifeniche.
La dimerizzazione (legame C–C) avviene tra il carbonio in C1 nel frammento di glucosio del primo monomero ad uno degli anelli dell’acido gallico nel secondo, come illustra la prossima figura. I sostituti in C1 del secondo monomero determinano l’identificazione dei composti.

I tannini ellagici più abbondanti nelle querce europee Quercus robure e Quercus sessilis sono la castalagina e la vescalagina, presenti in quantità comprese tra 3-10 mg/g nel legno secco. Il contenuto degli altri tannini ellagici è compreso tra 1 e 3 mg/g, mentre la quantità in tannini ellagici totali è di circa 20-50 mg/g di legno secco. Non si rilevano differenze significative nei loro contenuti (totale e individuale) tra le due specie di quercia, neanche nella posizione del taglio delle doghe (parte alta dell’albero o orientamento radiale). L’unico fattore che incide sul contenuto di tannini ellagici è l’età del legno dell’albero, vale a dire la distanza dall’alburno. Nel durame, la concentrazione diminuisce verso il centro dell’albero, quindi il maggiore contenuto di tannini ellagici si riscontra negli anelli più giovani (senza includere l’alburno il cui contenuto in tannini ellagici è molto ridotto). Di questi è stata recentemente scoperta la forte attività fungistatica.
I tannini ellagici idrolizzabili possono essere soggetti ad idrolisi al pH del vino, prima ad acido difenico e castalagina + vescalagina e poi a glucosio e acido gallico:

Tannini proantocianidici. Le proantocianidine appartengono al gruppo dei tannini condensati. Hanno come unità di ripetizione un flavan-3-olo. Le querce, in particolare Q. robur e Q. petraea, sono capaci di sintetizzare delle proantocianidine. Generalmente sono presente in grande quantità nelle foglie, ghiande e corteccia. Scarsissime quantità sono dosabili nel durame. I valori medi in proantocianidine solubili variano da 0,3 a 0,8 mg/g nel legno secco. Il tenore in flavonoli è compreso tra 0,8 e 2,7 mg/g.

I tannini condensati sono meno noti, però partecipano anch’essi al processo evolutivo del vino.

Sostanze resinose. Anche se presenti in minime quantità contribuiscono notevolmente alla formazione dell’aroma balsamico del legno. Sono da menzionare gli oli essenziali (siringoresinolo e pinoresolo), gli acidi cinnamici e le cumarine.

I COMPOSTI VOLATILI DELLE QUERCE Sono molto diversi per natura e origine. Generalmente in quantità moderata apportano un complemento olfattivo interessante a vini e distillati. Tra gli altri polifenoli non flavonoidi, responsabili delle note aromatiche più spesso citate come la noce di cocco, il chiodo di garofano, la nocciola, il burro, la vaniglia e il legno fresco, si possono citare alcuni acidi quali ferulico, fenilico, caffeico, paracumarico, ecc., vanillina, eugenolo, guaiacolo, ecc . Le quantità di molecole che conferiscono questi odori variano in funzione della specie considerata, dell’origine geografica e delle condizioni di coltivazione. Tuttavia l’albero su piede o il toppo di legno appena tagliato sono relativamente poco odorosi, paragonati al legno che compone le doghe delle botti pronte per l’uso.
Durante le fasi di lavorazione e di trattamento dei legni per fusti, l’essiccazione naturale e la tostatura costituiscono le due principali fasi durante le quali il potenziale olfattivo del legno aumenta in modo considerevole. Le fasi di degradazione dei polimeri parietali quali le lignine e i polisaccaridi sono all’origine di questo fenomeno. Pertanto «l’odore di legno» conferita ai vini e ai distillati proviene principalmente dai processi di trasformazione della materia prima.

Pochi composti aromatici partecipano significativamente all’aroma di quercia fresca. La principale molecola aromatica è il ß-metil-ɣ-octalattone cis e trans che possiede degli odori di noce di cocco, la forma cis è notevolmente più odorosa. L’eugenolo, con l’odore fenolico di chiodo di garofano, è il secondo composto più importante. Infine l’iso-eugenolo e la vanillina sono i due composti secondari più abbondanti. Quantitativamente si nota che le querce americane Q. alba contengono in media più ß-metil-ɣ-octalattone e eugenolo. Tra le querce francesi, senza che sia sistematico, Q. petraea è più ricca di Q. robur in queste varie molecole.

Sul piano qualitativo non ci sono differenze tra le due specie francesi. Al contrario, Q. alba si distingue da queste ultime per la presenza di un composto norisoprenoidico caratteristico, l’osso-3-retro-α-ionolo, sotto due forme isomeriche. Tuttavia questo composto presenta solamente un interesse chemiotassonomico, visto il suo scarso potere odoroso.

Pigmenti. Il legno di quercia contiene una quantità non indifferente di pigmenti gialli (flavonoidi) quali quercetina, canferolo e rutina, che vengono solubilizzati già nelle prime fasi di contatto, apportando colore ai vini bianchi. Azione analoga viene esercitata da catechine e leucoantociani che, pur essendo presenti in modesta quantità, possono conferire, in particolare ai vini bianchi, colore carico e gusto allappante.

COMPOSTI SECONDARI Si trovano piccole quantità di lignani, come il lioniresinolo e dei flavonoidi, in particolare la quercetina. Senza essere responsabili della colorazione del legno, questi due prodotti rispettivamente colorati in rosso-aranciato e in giallo, partecipano al colore del legno. Nel legno fresco sono presenti dei carotenoidi. Queste molecole, molto ossidabili, conferiscono al legno un colore rosato. Scompaiono dopo il taglio e l’esposizione per alcune settimane all’aria.
Si ritrovano anche dei terpeni e, in particolare, dei triterpeni pentaciclici come il lupeolo e l’amirina. Si nota anche la presenza di steroidi, ad esempio il sitosterolo.
Il legno possiede degli acidi grassi, anche insaturi (C18:1 e C18:2) e dei trigliceridi.
Possiede pure una frazione minerale rappresentata prevalentemente da calcio, potassio e magnesio. Sono presenti alcuni metalli, ad esempio il ferro, il rame, l’alluminio, lo zinco, il piombo, il nichel, il bario, il cobalto, il molibdeno.
Una frazione proteica può essere identificata, ma rimane molto minoritaria e resta difficile da caratterizzare.

Enzimi. Costituiscono un gruppo nutrito e molto importante potendo modificare sostanzialmente molti costituenti sia del legno che del vino in esso contenuto. Tra questi citiamo la glucosidasi che idrolizza gli antociani in glucosio e aglicone, migliorando la morbidità del vino, la depsidasi che decompone l’acido gallico, altre idrolasi, ossidasi, perossidasi, ecc.

BIBLIOGRAFIA
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PEYNAUD E., BLOUIN J. (2002). Scienza e elaborazione del vino. Ed. Eno-One
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