Colore del Vino e Caratteristiche Cromatiche

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E’ abbastanza istintivo scomporre la percezione di colore in tre attributi che riguardano la nostra esperienza quotidiana; si tratta delle coordinate intuitive del colore:

luminosità ;
tinta ;
saturazione .

Il primo è un attributo acromatico, gli altri due sono attributi cromatici.

Tinta (hue)
Il principale attributo percettivo del colore è la tinta (inglese hue), cioè quella caratteristica del colore che si indica con i nomi rosso, giallo, verde, blu, viola, arancio e così via.
Una tinta non è un colore, ma una famiglia di colori. Quando si cita una tinta, per esempio “rosso”, non si intende parlare di un colore rosso particolare, ma dell’intera famiglia di tutti i rossi, dai più saturi ai meno saturi e dai più luminosi ai meno luminosi. In questo senso, i colori rosso e rosa fanno parte della stessa famiglia, cioè hanno una tinta piuttosto simile.

Non tutti i colori hanno una tinta: bianco, nero e varie gradazioni di grigio sono colori senza una tinta, colori acromatici.

Luminosità (brightness)
La luminosità è l’attributo percettivo assoluto del colore che si riferisce alla misura di quanto un’area appare luminosa.
L’occhio ha la capacità di giudicare differenze di chiarezza: vi è quindi la possibilità di costruire una scala uniforme di chiarezza, cioè un insieme ordinato di colori, in modo che la differenza percepita tra le chiarezze di due colori adiacenti sia costante.
Se ci si limita ai grigi, la scala così sviluppata è detta appunto scala di grigi.

Saturazione o Cromaticità
Nell’osservare un colore cromatico si percepisce una componente di tinta e una componente acromatica (cioè di bianco nel caso di luce o di grigio nel caso di oggetti). La quantità di parte cromatica rispetto a quella acromatica viene detta genericamente saturazione. Ma in realtà sono necessari tre termini diversi: pienezza, croma e saturazione per descrivere in maniera completa questo concetto.
La saturazione descrive quella che nel linguaggio comune si chiama ricchezza del colore: un colore molto saturo si dice “vivo”, “pieno”, “carico”, mentre uno poco saturo è un colore “pallido”, “pastello”.

Per il vino, questi attributi diventano:

Tonalità (equivalente di tinta)
Colore del vino con le varie sfumature :
– Bianco carta, Verdolino, Paglierino con riflessi verdi, Paglierino scarico , ecc..
– Rosa pallido, Rosato, Rosa occhio di pernice, Rosato carico, Rosa buccia di cipolla, Rosa salmone, ecc..
– Rosso violaceo, Rosso rubino, Rosso porpora, Rosso rubino granato, Rosso granato, Rosso granato con riflessi aranciati, Rosso mattone, ecc..
E’ legata alla evoluzione delle sostanze coloranti durante le fasi di conservazione ed invecchiamento. La tonalità è quindi un fedele specchio dell’età del vino.
Vivacità (equivalente di luminosità)
Viva, fresca, netta, pallida, piatta, spenta, indecisa, tipica, evoluta,
passata, ossidata, maderizzata, ecc..
Si riferisce alla brillantezza, smalto, vivezza e freschezza del colore. La scopriamo nel riflesso verdino di certi bianchi giovani, nel riverbero caldo dell’oro di vini bianchi vecchi e liquorosi, nel purpureo-violaceo di un rosso giovane, nel riflesso granato di un rosso maturo. Se un vino sano e ben conservato dovrà possedere, indipendentemente dall’età e secondo la sua tipologia, brillantezza di colore, si può dire, in linea di massima, che la vivacità annuncia un vino giovane dal gusto fresco e vivo, sostenuto da un’ acidità fissa piuttosto elevata. I vini più poveri di acidità tendono ad essere più spenti
Intensità (equivalente di saturazione)
Profondo, carico, denso, intenso, cupo, scuro, ricco, oppure scarico, leggero, debole, pallido, chiaro, smunto, ec..
È facilmente riconoscibile: il colore potrà essere chiaro, pallido, leggero, debole; oppure carico, intenso, coperto, fino ad essere scuro, denso, cupo. Si comprende se l’ intensità di un colore è “giusta” mettendolo in relazione con la tipologia del vino. Anche l’ intensità preannuncia altri caratteri organolettici: il colore intenso si accompagna, di solito, con profumi intensi e complessi e denota vini dalla struttura piuttosto ricca e possente. Al contrario, un bianco dal colore giallo paglierino scarico presenta, in genere, profumi freschi e leggeri, floreali o fruttati, ed un corpo abbastanza sottile.
Il vitigno è il primo e più elementare fattore che condiziona l’intensità del colore.
Altri fattori che incidono sono:
· il tipo di terreno: ad esempio, in terreni calcarei e marnosi si ottengono vini più pigmentati, meno in terreni sabbiosi ;
· l’ annata di produzione e le caratteristiche climatiche della zona: il clima caldo delle regioni meridionali o le annate molto asciutte rendono i vini più colorati ;
· il rendimento produttivo: la quantità di sostanza colorante è inversamente proporzionale alla quantità di uva presente su ciascuna pianta. Rese eccessive equivalgono, quindi, a uve e vini poco colorati ;
· le condizioni dell’uva, ovvero il grado di maturazione e lo stato di sanità: le uve poco mature o botritizzate (attaccate cioè dalla muffa) danno vini poco colorati;
· la durata della macerazione: più il mosto resta a contatto con le vinacce, più si estraggono sostanze coloranti: il colore scarico dei vini rosati, ottenuti da uve a bacca rossa, è dovuto ad una macerazione nella quale il mosto resta a contatto con le vinacce per 24-36 ore al massimo ;
· il passaggio del vino in botte o barrique: i tannini del legno conferiscono ai bianchi un colore più intenso e dorato; ai rossi, più profondo e più stabile.

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Il Colore dei Corpi

Sostanze responsabili del Colore dei Vini

Del colore di un vino è responsabile innanzitutto la buccia dell’uva: quella a bacca rossa o nera è dotata di un complesso di sostanze, dette polifenoliche, che l’uva bianca possiede in minima parte. Gli antociani, i tannini e altre sostanze coloranti fanno parte di questa famiglia che, durante la vinificazione in rosso, sono cedute al liquido attraverso la macerazione. Il vino rosso assume così una veste scura, la cui intensità è data da diverse variabili, prima fra tutte la natura del vitigno: la capacità colorante può oscillare in modo decisivo, per esempio, dal Nebbiolo al Cabernet Sauvignon, o dalla Schiava al Syrah. Incidono anche la natura del terreno, le scelte agronomiche, l’andamento climatico e le tecniche produttive. Terreni marnosi e calcarei tendono a conferire più colore all’uva di quelli sabbiosi; rese più alte per ettaro o per ceppo generano uve più diluite e quindi maggiormente scialbe anche dal punto di vista delle sostanze coloranti; annate calde e luminose donano un apporto più generoso; macerazioni lunghe e maturazioni in legno, infine, accentuano la colorazione del vino.
I vini rosati, che si ottengono da una macerazione brevissima delle vinacce o da vitigni poco coloranti, acquisiscono un patrimonio di pigmenti rossi alquanto limitato.
Nella tabella seguente queste sostanze sono classificate in funzione delle loro proprietà chimiche.

Per il vino bianco il discorso è più complesso. Le sostanze responsabili della colorazione gialla, più o meno scura o talora verdolina di questa bevanda non sono ancora state individuate con precisione, né si è concordi sulle loro responsabilità nei confronti dell’apporto cromatico. Per certo, le uve bianche non hanno la dotazione fenolica di quelle scure: ne ritroviamo alcuni milligrammi per litro nelle prime contro alcuni grammi delle seconde. In passato si addebitava la colorazione del bianco ai flavoni o flavanoli, una famiglia numerosa di pigmenti naturali, per lo più di colore giallo, assai diffusa nelle piante superiori. Ma questa ipotesi sembrerebbe da scartare in favore di quella che riconosce alcuni sali di ferro e l’acido galatturonico, proveniente dalle pectine, sostanze naturali formate da polisaccaridi costituenti la parete delle cellule della polpa e della buccia di numerosi frutti, come responsabili della pigmentazione gialla. La clorofilla, invece, donerebbe le sfumature verdoline. La questione, comunque, resta aperta.
Qui di seguito si mostrano alcune di queste sostanze con il loro colore tipico e una degradazione che indica la sfumatura di ogni colore in base al suo stato di ossidazione. Ad un livello maggiore di ossidazione il colore diviene più intenso, più scuro. Perciò l’ossigeno svolge un ruolo determinante assieme all’enzima polifenolossidasi.


Alcune di queste sostanze si combinano tra di loro formando aggregati molecolari di dimensione sempre maggiore, la cui intensità colorante aumenta con la dimensione stessa. Altre si combinano con l’etanale o acetaldeide, dando composti che stabilizzano il colore. L’anidride solforosa ed il pH svolgono un ruolo fondamentale nell’evoluzione del colore.
Di conseguenza i vini giovani e non ossidati presentano tonalità più pure, valori più elevati di luminosità e sono cromaticamente più vivi. Al contrario, quanto maggiore è l’età del vino maggiore è il suo stato di ossidazione e di polimerizzazione dei tannini sicché presentano tonalità più gialle e luminosità più bassa.

Le tonalità di colore sono legate anche all’età del vino e riscontrabili attraverso misurazioni chimiche. Ad esempio, il pH definisce la forza acida di un vino e concorre a determinarne la tonalità cromatica: i fenoli risultano rossi in ambiente acido (pH<7), violetti in ambiente poco acido o neutro (pH=7), blu in ambiente basico (pH>7). Così vini giovani con acidità elevata appaiono di un rosso vivo purpureo, che tende a sbiadire con l’invecchiamento e il relativo abbassamento della componente acida. Inoltre, i processi ossidativi degli antociani e soprattutto dei tannini genererebbero tonalità giallo-brune; nei vini bianchi sarebbe invece l’ossidazione di alcuni composti fenolici (leucoantociani e catechine) a provocare l’incupimento e l’imbrunimento delle tonalità gialle.
Per questi motivi, si mettono in relazione le tonalità del vino con il grado di maturazione o con il cattivo stato sanitario. Se le trasformazioni sono presenti in un vino giovane è chiaro che siamo di fronte a precoci processi degenerativi, interpretabili come manifestazioni di una scarsa sanità delle uve.