Acerbi e la scuola ampelografica italiana

< torna indietro

Acerbi e la scuola ampelografica italiana

L’ampelografía può essere definita una scienza ausiliaria della viticoltura che consente, oltre al riconoscimento dei vitigni, anche la valutazione delle loro caratteristiche produttive e il grado di adattamento alle condizioni pedoclimatiche. La descrizione delle varietà ha sempre interessato fin dall’antichità i cultori di materie viticole, ma solo con il superamento della cultura georgica avvenuta con l’illuminismo, si sono poste alcune premesse metodologiche che consentono di riconoscere le varietà con una maggiore precisione. I recenti sviluppi dall’analisi del DNA attraverso marcatori hanno dato un contributo insperato non solo nell’identifìcazione dei vitigni, ma anche dei loro genitori. Il primo che ha posto il probiema della distinguibilità è stato il De Crescenzi alla fine del XIII secolo, rara avis, un periodo storico dominato dai neogeorgici. Il concetto della stabilità, cioè della classificazione basata su alcuni caratteri morfologici poco influenzati dall’ambiente, è stato affrontato dagli ampelografi dell’800, dall’Acerbi in primis.
Acerbi, figura eclettica (tra le tante attività che intraprese, fu il primo geografo della Lapponia), costituì una importante collezione ampelografica a Castelgoffredo (MN) e mise a punto agli inizi dell’800 un metodo di riconoscimento delle varietà detto “geoponico” dai grappoli e dalle bacche. L’immanenza delle distruzioni che stavano per essere operate dalla invasione della fillossera, spinge l’allora Ministero dell’Agricoltura a istituire delle Commissioni provinciali allo scopo di catalogare tutto il materiale viticolo esistente in Italia. Nello spirito collezionistico che animava l’800, alcuni illuminati agricoltori raccolsero presso le loro aziende molte varietà italiane e straniere allo scopo di chiarire il complesso tema dei sinonimi e di valutare il comportamento produttivo di vitigni di qualità provenienti da zone famose. Con la loro opera diedero un contributo importante non solo alla conservazione di molti vitigni destinati altrimenti alla scomparsa, ma alla diffusione di varietà straniere di pregio nella viticoltura italiana. Si ricordano, a questo riguardo, il Di Rovasenda, il Marchese Incisa della Rocchetta in Piemonte, il già citato Acerbi a Mantova, il De Pizzini in Trentino e il Mendola in Sicilia. Purtroppo di questi ampelografi sono rimasti gli scritti, ma le collezioni, come capita spesso per le biblioteche, sono andate disperse.