Quadro Sinottico della Storia della Tecnica Enologica

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BREVE STORIA DELLA TECNICA ENOLOGICA
Nel giro di oltre 4000 anni la tecnica per produrre il vino non è sostanzialmente mutata
Fonte: CORRADO CANTARELLI

Nel loro brillante compendio di storia della tecnica, Thomas Derry e Trevor Williams affermano, senza quei compiacimenti retorici che appesantiscono ogni storia del vino, come questa bevanda, esportata dai greci a occidente e oriente fin dal VI secolo a.C. , sia stata «uno dei fattori determinanti per lo sviluppo della civiltà celtica» e, d’altra parte, che la diffusione della civiltà ellenistica verso l’Oriente «giunse fin dove poteva allignare la vite». E nel 128 a.C. questa sarebbe giunta fino nell’impero cinese!
In sostanza, considerando quanto si è verificato nella millenaria diffusione della coltura della vite, della produzione del vino e del suo commercio nei due emisferi, si può affermare che il consumo del vino è requisito caratterizzante della civiltà occidentale.
Ciò nonostante, la storia della vite e del vino, che è argomento di tanti studi di storia economica e anche di indagini sociologiche, è stata solo episodicamente anche storia della tecnica. Un vuoto sorprendente, considerando quanto sia vasta la documentazione disponibile, anche con le numerose raccolte di notevoli musei del vino.
A consultare la trattatistica e i rendiconti di ricerche nel campo della storia della tecnica, si deve constatare che la collocazione dell’enologia è inadeguata all’importanza che la preparazione del vino ha avuto per la storia della civiltà occidentale.

Si deve in primo luogo osservare che nel giro di oltre 4000 anni la tecnica per produrre il vino non è sostanzialmente mutata, consistendo pur sempre nell’estrarre il succo del frutto e nel farlo fermentare, praticando poi quei trattamenti che lo rendono limpido e stabile.
Questo profilo tecnologico si è peraltro andato arricchendo fin da età remote di tanti ritrovati, con l’applicazione di un gran numero di quelle invenzioni che hanno fatto la storia della tecnica, con implicazioni economiche e sociali che hanno avuto un grande peso nel determinare la sua evoluzione.
Occorre considerare alcuni particolari aspetti che caratterizzano il comparto dell’enologia nell’ambito del settore alimentare e che spiegano la sua scarsa presenza nel vasto quadro della ricerca storica:
a) La sequenza delle operazioni per produrre il vino è sostanzialmente immutata; gli interventi innovativi vanno pertanto ricercati nel progresso delle conoscenze sull’essenza dei fenomeni che le provocano, e nella introduzione di macchine e attrezzature per compiere tali operazioni.
b) Si deve tener conto del ruolo ben diverso che questa produzione ha avuto rispettivamente nell’età antica e nelle epoche successive. La collocazione dell’enologia nel vastissimo quadro della tecnica dell’età moderna è divenuta marginale, rispetto a quanto si è andato verificando nelle altre industrie manifatturiere. Si può anche constatare che fino al XVI secolo non si sono avuti nuovi concreti progressi, perchè furono essenzialmente rimessi in uso i ritrovati dell’antichità, persi con le invasioni barbariche e ripresi con la viticoltura dell’alto medioevo. Si deve dunque riprendere la storia dell’enologia dalla età moderna per definire il cammino percorso e per poter fare alcune prospezioni sul futuro di questa produzione.
c) La produzione del vino è stata segnata, fin dall’età greca e romana, dalla coesistenza, in uno stesso ambito territoriale ed economico, di due diversi livelli e strutture produttive: quello rurale destinato all’autoconsumo, e quello rivolto alla commercializzazione, definito industriale. Questa differenziazione, che è comune a tutte le industrie agrarie e che tuttora persiste, è dovuta alla mancanza di quella struttura intermedia che è l’artigianato, che ha reso tecnologicamente omogenei gli altri comparti del settore alimentare, specie nella trasformazione secondaria.
d) Nonostante la sussistenza di differenze fra piccole e grandi strutture produttive e di indirizzi tecnici specifici di determinate zone e tipi di prodotto, l’evoluzione generale segue linee di tendenza comuni. Gli stessi procedimenti di lavorazione sono comuni alla maggior parte delle aree viticole in diversi continenti; una certa omogeneità si sta producendo anche nella tipologia dei vini esitati.
e) A partire dalla seconda metà del ‘700 si è verificata una profonda innovazione, quale non si era registrata in tutti i millenni precedenti. La spinta innovativa è divenuta molto intensa negli ultimi 40 anni ed è dovuta essenzialmente alla concentrazione verificatasi nella produzione, soprattutto per la incentivazione alla cooperazione. Ciò ha condotto a una nuova e diversa impostazione degli impianti di lavorazione che ha consentito di superare la stretta settorialità che aveva fin qui caratterizzato le diverse produzioni dell’industria alimentare. Sono state così mutuate conoscenze tecniche e pertanto processi, macchine ed attrezzature da altri comparti del settore alimentare e, più in generale, dagli altri settori biotecnologici. Questa “fertilizzazione incrociata” fra diversi comparti produttivi ha fatto registrare i maggiori, veri progressi dell’enologia moderna e in prospettiva può produrre profondi cambiamenti nella immagine stessa del vino come bevanda e alimento. Mi preme sottolineare come questi siano nella gran parte dei casi reali progressi, sia per l’approccio scientifico nella soluzione dei problemi tecnici, sia, soprattutto, per la tendenza generalizzata a escludere gli interventi “chimici” sostituendoli con trattamenti fisici ed enzimatici.

L’età antica
Passando succintamente in rassegna, in ordine cronologico, le tappe della lunga storia dell’enologia, consideriamo quelle le verificatesi nell’età antica, che sono:
a) la separazione del mosto per spremitura dell’uva, rispetto alla fermentazione del frutto intero. Operazione rituale per gli egizi, i cui documenti iconografici che descrivono compiutamente le operazioni di vinificazione datano al XIX secolo a.C.;
b) la fabbricazione di recipienti fittili al tornio, di grande capacità, per la fermentazione, lo stoccaggio e il trasporto del vino;
c) il mutamento dell’immagine del vino, da bevanda rituale a bevanda di normale consumo, dovuto all’incremento di produzione ottenuto dai greci e ai loro commerci nel Mediterraneo a partire dal V secolo;
d) la costruzione, derivata dall’estrazione olearia, dei diversi tipi di torchi a leva, argano e carrucola a vite, macchine in legno che sono rimaste in uso nel Medioevo e fino all’inizio di questo secolo;
e) la fabbricazione di recipienti in legno, in particolare le botti da trasporto, realizzata dalle popolazioni celtiche, che disponevano della pece necessaria.

I documenti collezionati dagli studiosi di antichità greco-romane dimostrano che un grande numero di ritrovati tecnici risale a queste civiltà: la chiarifica con albume, la gessatura, l’invecchiamento, l’uso di bottiglie e la tappatura con il sughero. In molti casi, probabilmente, si tratta di fatti episodici; i grandi progressi che si verificarono nella metallurgia e nell’arte edificatoria ebbero scarso effetto sulla tecnica enologica.
Il vino è stato comunque una delle produzioni più importanti e l’oggetto degli scambi più attivi nella storia economica dell’antichità.

Il Medioevo
Dal Medioevo i trattati di Arnaldo da Villanova e di Pietro de’ Crescenzi e le numerose riprese di queste opere, come anche la vasta iconografia (affreschi di Trento, tapisserie di Cluny, sculture, opere miniate, libri di cantina conventuali) rendono disponibile una vasta documentazione tecnica.
Se ne deduce che i fatti salienti verificatisi fino all’età moderna, alle soglie della civiltà industriale nata con le nuove fonti di energia, possono ricondursi ai seguenti:
a) la selezione compiuta in viticoltura già a partire dal 1100 portava una parallela evoluzione della tecnica di vinificazione. Lo dimostra, ad esempio, la vinificazione separata di uve bianche e rosse, già in uso in Toscana nel ‘300, con macerazione di varia durata;
b) tutte le operazioni restavano manuali: l’industria enologica non poteva fruire, per la sua stagionalità, delle applicazioni di energia idraulica ed eolica e le sue dimensioni rimanevano condizionate dal ricorso alla forza dell’uomo;
c) diverse nuove tecniche, rispetto all’antico, sono da menzionare: l’introduzione dei filtri a sacco, il travaso in contropressione con l’aiuto del mantice, la stabilizzazione per esposizione al freddo;
d) infine, la regolamentazione emanata da diversi livelli di autorità in merito all’epoca di vendemmia, all’esclusione dell’annacquamento e di altri mezzi di adulterazione, dei secondi vini e della distillazione.

L’età industriale
L’età industriale, segnata dalla evoluzione della metallurgia, dalla comparsa della macchina a vapore e della macchina frigorifera, ha visto la costruzione delle vere macchine per enologia, di recipienti ed attrezzature meccanicamente evolute.
A partire dagli inizi del 1800 – L’ art de faire le vin di Chaptal è del 1801 – si registra un fiorire di invenzioni; in primo luogo la costruzione di torchi con vite in ferro e gabbia, che tuttavia solo verso il 1870 vedevano l’applicazione della leva a nottolini. Più tardi la realizzazione di torchi idraulici, che si svilupparono poi con la nascente grande industria vinicola, dotando gli impianti anche di accumulatori di pressione.
Nel 1851 James Harrison installava la prima macchina frigorifera in una fabbrica di birra; l’enologia accusava un ritardo: il congelatore per crioconcentrare e stabilizzare i vini realizzato intorno al 1870 da Vergnette Lamotte funzionava ancora a neve e salamoia.

Anche i progressi della chimica trovavano una rapida applicazione: nel 1843 Faure analizzava per la prima volta i vini di Bordeaux, fornendo un quadro includente gli attuali parametri di valutazione.
La fabbricazione dello zucchero di bietola entra presto nell’interesse degli enologi e provoca le più vive polemiche. Altri sussidi tecnici erano gli acidi minerali, l’acido tartarico purificato, antifermentativi come i solfiti, gli acidi salicilico, benzoico e borico; i coloranti di sintesi. Nel 1875 la regolamentazione legale venne introdotta in Inghilterra e subito dopo in tutta Europa per frenare l’incauto uso dei progressi della chimica.
Ma è nel 1789, quando Lavoisier quantificò la trasformazione dello zucchero in alcool, che si apre quel secolo di intensa attività sperimentale che ha dato le basi scientifiche all’enologia.
Vanno dal 1862 al 1878 i lavori di Pasteur sulla microflora dell’aceto, del vino e della birra e nel 1878 le sue indagini sull’origine dei fermenti del vino, con il corollario delle osservazioni di Gayon e degli altri pastoriani. Si produceva così negli anni successivi, a cavallo del secolo, un fecondo fervore di ricerche sulla microbiologia della vinificazione. Nel 1891 Martinand e Rietsch identificano Torula e Sacch. pastorianus, negli anni 1895-96 Berlese, Peglion, Passerini intraprendevano la ricognizione della microflora delle nostre uve. Nel 1896 Mulller Thurgau metteva in evidenza la successione lieviti apiculati-ellittici nella microflora della fermentazione vinaria; nello stesso anno i Buchner preparavano l’estratto zimasico da lievito.
Vale la pena di rileggere e confrontare anche con lavori recenti un compendio delle osservazioni sulla microflora naturale delle uve così come venne redatto da De’ Rossi nel suo fondamentale trattato: “Sulle uve ì fermenti sono a volte così pochi e dotati di così debole attività moltiplicativa da non poter essere messi in evidenza nelle colture di isolamento, però la loro presenza si rivela facilmente in seguito al pigiamento dell’uva.”.
L’ecologia dei lieviti vinari e la loro identificazione e distribuzione in natura furono argomento di grande interesse già per i primi micologi e la selezione di questi microrganismi fu il risultato applicativo culminante della febbre microbiologica che pervadeva la ricerca enologica di quegli anni.
Nel 1900 Passerini riferiva ai Georgofili i risultati delle esperienze degli anni precedenti sulla vinificazione con lieviti selezionati. Già nel 1911 si proponeva la produzione di lieviti essiccati.
La pratica dell’innesto di un “pied-de-cuve” di fermenti selezionati rappresentava anche concettualmente una vera svolta, perchè significava l’ingresso della microbiologia – rivelazione scientifica di quegli anni nella tradizione ascientifica della tecnica enologica.
A questo passo se ne accompagnavano altri, sul piano tecnologico. Nel 1869 Pacinotti presentava ai Georgofili la sua attrezzatura per il riscaldamento del mosto nei tini; Ottavi nel 1880 elencava già quattro diversi «enotermi» (Velten, Rossignol, Carpene, Pestellini) e un pastorizzatore per vino imbottigliato costruito dall’ungherese Antal Fronmi.
Altre proposte innovatrici erano la pastorizzazione dei mosti prima della fermentazione, la loro filtrazione e sfecciatura per centrifugazione e la crioconcentrazione. Una serie di ritrovati che sono ancora argomento di sperimentazione in enologia.
Si può ben affermare che dopo la «svolta» microbiologica non si sono registrate nella storia dell’enologia altre innovazioni di analoga rilevanza, fino alle osservazioni sugli effetti dell’ossigeno, sui costituenti fenolici e su quelli dell’aroma.
La messa in essere della struttura e della gestione moderna della produzione enologica si verifica peraltro con la disponibilità di nuovi mezzi fitosanitari e con il reimpianto dei vigneti, dopo le devastazioni dell’oidio e della fillossera, a partire dal 1837 e fino al 1884. E’ allora che si allarga definitivamente la dicotomia fra produzione rurale e produzione industriale del vino.

Considerazioni sulla domanda
I consumi alimentari hanno un modello di domanda molto complesso, in cui interagiscono numerose motivazioni che, secondo un’acuta osservazione di Magnus Pike, sarebbero in primo luogo estetiche, secondariamente etniche e solo infine nutrizionali. Nel caso del vino la componente edonistica è evidentemente quella determinante, ma è problematico identificare i motivi che fanno variare la domanda.
Il caso della Champagne è esemplare: dal trattatello Manière de cultiver la vigne et de faire le vin en Champagne di un anonimo estensore del 1718 si deduce che quei vini erano eccellenti ma solo sporadicamente e non intenzionalmente spumanti. Ma nel 1676 G.Elherege celebrò nel suo The man of Mode i pregi dello sparkling Champagne imbottigliato in Inghilterra. Nacque così una nuova moda che esplose jusqu’ à la fureur anche in Francia; una moda caduca, ma che riprese dopo il 1720, una volta messa a punto la tecnica per ottenere non casualmente il vino spumante e per fabbricare nelle Ardenne alla vetrerie Saint Gobain degli idonei flacons.
Una ricerca recente comparsa sugli Annales analizzando le epoche di vendemmia dal 1484 al 1977, dimostra come queste siano un indice dei più significativi della fluttuazione degli indirizzi tecnici, delle modificazioni del gusto e dell’importanza degli eventi sociali: vendemmie anticipate fino al ‘700 e poi più tardive sotto l’influenza delle comunità di vignerons, per essere poi nuovamente anticipate fra il 1840 e il 1880 per la pressione demografica e infine riportate a tardi dopo l’introduzione dei portainnesti americani.
È anche interessante osservare l’alternanza della domanda di vini rossi e rosati. Secondo Leglise e Sudraud la macerazione su vinacce, già nota fin dal ‘400, non veniva praticata né in Borgogna (fino a metà dell’800) nè nel bordolese (fino al ‘700). Chaptal raccomandava brevi macerazioni di 6-12 ore (e si trattava di Volnay e di Pommard!). Poi un cambiamento radicale: nel 1865 Vergnette Lamotte scriveva che la richiesta era mutata verso vini ricchi di colore e di corpo, con macerazioni in botte di 20 giorni.
E’ stato il cambiamento di gusti sopravvenuto nel ‘300, quando il commercio dei vini “forti” raggiunse il nord della Francia e i Paesi Bassi, a segnare la scomparsa della viticoltura in quei paesi, che si concludeva alla fine del ‘500. Lovanio, oggi capitale della birra belga, ancora nel 1575 era celebrata da Andrea Baccio perché de vindemia gloriatur.
Secondo Dion il commercio del vino esercitato nel XVII secolo dagli armatori olandesi lungo la costa atlantica, introducendo pratiche di stabilizzazione, taglio, alcolizzazione e dolcificazione, determinò una svolta nei consumi del vino in Europa, e anche l’affermazione dell’acquavite di vino. Questa era già prodotta con le eccedenze di vino da modenesi e veneziani ed esportata fin dalla metà del XVI secolo nel nord Europa e fino in Turchia, ma le acqueviti ottenute nella Charente erano più prossime ai mercati del centro Europa.
Un secolo fa Ottavi scriveva che “ai vini bianchi da pasto non è servato un grande avvenire, in quanto che sono sempre più trascurati, massimamente in Germania e in Austria (sic!) dove or è qualche anno se ne faceva invece un gran consumo”.
E il barone Babo di Klosterneuburg notava in quegli stessi anni che “mentre la birra soppianta poco per volta i vini bianchi, anche nelle stesse regioni viticole, il commercio richiede dei rossi in quantità sempre crescenti”.
Cattivi profeti, dunque, questi testimoni di un’epoca in cui si stava sviluppandosi la moderna tecnica enologica, quella che avrebbe consentito di realizzare radicali progressi proprio nella produzione dei vini bianchi.
Se ne può dedurre che i fattori determinanti la storia della tecnica enologica risultano essere da un canto l’approfondimento delle conoscenze di base e l’evoluzione della costruzione di macchine, ma anche, in larga misura, la volubilità delle mode o, quanto meno, le modificazioni dei consumi alimentari, interdipendenti, condizionati dall’economia, dalla disponibilità di derrate e dalla concorrenza delle altre bevande.
Di fattori così complessi e male prevedibili non è facile tener conto nel delineare uno la scenario per il futuro.

Uno scenario per il futuro
Consideriamo in primo luogo gli indirizzi tecnologici: la fase della meccanizzazione delle operazioni è ormai prossima a toccare il suo plafond e subentra quella dell’automazione delle operazioni anche con l’introduzione dei microprocessori.
L’evoluzione tecnica è servita a ridurre i momenti di sforzo e i tempi morti nelle lavorazioni, ma un macchinismo esasperato resta condizionato dalla struttura della produzione e della stagionalità della vinificazione. Anche una riaffermazione del lavoro stagionale e part-time potrà contrastare ulteriori passi verso l’automazione.
Nel consumo del vino, come per ogni altro tipo di alimento, si riconoscono ormai nettamente le due opzioni di bevanda «di servizio» e bevanda «d’elite». In tale situazione le piccole e medie produzioni sussisteranno se il loro livello qualitativo lo giustificherà. Per converso, le produzioni su grandi volumi si orientano alla diversificazione, che è un motore essenziale per un consumo edonistico qual è il vino.

Nell’ambito della diversificazione si collocheranno certamente delle innovazioni. Fra queste la più significativa appare essere quella di produrre dall’uva bevande che riuniscano i due requisiti di avere il carattere di «succo d’uva fermentato» e un basso valore calorico. Questo indirizzo produttivo non sarà effimero; il confronto con la birra è diretto e seppure il passaggio orzo-malto-birra appaia troppo complesso per un’immagine di «naturalità» come può averla quello di uva-vino, la facile “bevibilità” della birra si pone da sempre in alternativa alla consistenza, alcolicità, acidità, salinità del vino. Da qui una tendenza al ribasso, alla infantilizzazione del vino, per conferirgli un’immagine meno «adulta».

Questo nuovo tipo di bevanda potrà avere, con i futuri aggiustamenti, un posto nei nostri consumi; ed è una specie di parabola, nella storia del vino, di vederlo tornare a bevanda ottenuta dalla semplice fermentazione del frutto, avendo alle spalle una storia di progresso tecnico, di elaborazione sottile della qualità. Sarà tuttavia una semplificazione soltanto concettuale del processo, che in effetti dovrà prevedere una cauta estrazione del succo da fermentare escludendo i microbi non utili, protetto da gas inerti, reso stabile e poco alcolico e posto in distribuzione subendo solo interventi fisici a contatto con materiali inerti.
Sull’opposto versante avremo vini di alta qualità fermentati e maturati su legno, frutto della disamina di ogni effetto che la selezione di uvaggi, la temperatura, il tipo di legno possano produrre per ottenere un prodotto di assoluto rigore.

Scansione delle tappe importanti della Tecnologia Enologica

3000 a.C
Mesopotania: fermentazione del frutto intero
Mesopotamia: vasellame lavorato al tornio
1800 a.C
Egitto: Fermentazione del solo mosto
Creta: Fermentazioni in grandi anfore
Creta: torchio a leva
Egitto: filtrazione su teli
Egitto: conservazione in anfore, affinamento mediante invecchiamento
1350 a.C
Egitto: descrizione della vinificazione, pigiatura con i piedi, torchio a sacco
600 a.C
Grecia: fermentazione in cisterne
Palmento in pietra
Grecia: uso di conservanti (acqua di mare, resina, spezie)
500 a.C
Grecia: uso del tornio per la lavorazione del legno

Grecia: chiarifica con albume d’uovo, disinfezione dei vasi con SO2

234 a.C
Catone descrive un torchio a leva con argano
200 a.C
Grecia: torchia a vite di Archimede
100 a.C 
Roma: correzioni: gessatura, carbonati

Popolazioni celtiche: fabbricazione della botte

80 a.C
Roma: concentrazione del mosto (Defructum)

Roma: aromatizzazione (con Arthemisia)

Meccanica di Erone: pressa a leva con argano e carrucola

200 d.C
Roma: conservazione in cisterne (Dolia, Serlae) ; uso del recipiente in vetro e del tappo di sughero
 1200
Venezia: sviluppo dell’arte vetraria
1300 
Toscana: fermentazione con macerazione

Tractatus de vinis (Arnaldo da Villanova)

Toscana: vinificazione separata di uve bianche e rosse
Toscana: fiasco toscano
1400
Torchio a vite verticale con gabbia

Travaso in contropressione
1500
Torchio a ruota (Leonardo)

Filtro a sacco
1650
Torchio orizzontale a vite

Distillazione del vino
1700
Champagne: Fermentazione in bottiglia

Borgogna: macerazione carbonica delle uve
(in Italia centrale: il “Vin murato”) 
1770-1780 
Equazione della fermentazione (Lavoisier)

Diraspatura a mano delle uve
Alcolizzazione dei vini
Macchina a vapore di Watt (1776)
1801 
Fabbrica di zucchero da bietola (Archard)
 1807
L’art de faire les vins (Chaptal)
 1830
Crioconcentrazione naturale
1851 
Prima installazione di una macchina frigorifera in una fabbrica di birra (James Harrison)
1857 
Bilancio della fermentazione del lievito (Pasteur)
1858
Afroforo di Edme Jules Maumené
1864
Etudes sur le vin (Pasteur)
 1869-1879
Frollatura meccanica del cappello di vinaccia (Babo)

Riscaldamento del mosto (Apparecchio Pacinotti)

Pompa alternativa a pistoni
1872 
Istituzione della Stazione Enologica Sperimentale di Asti
 1875
Debourbage del mosto

Enotermi pastorizzatori (Rossignol, Velten, Carpené)

Vasi in cemento rivestiti in vetro

Pastorizzatore per bottiglie (Fronmi)

Pigiatura meccanica delle uve

1877-1878 
 Origine dei fermenti del vino (Pasteur)

Separatore centrifugo (De Laval)
1880 
Diraspatrice (La Loyère)

Produzione di tubi gommati 
Cantina di Eiffel a Xeres

Bottiglie con tappo meccanico
1885
Motore elettrico asincrono (G. Ferraris)
1889-1890
Chiarifica del mosto per filtrazione (Berlese)

Vasi vinari in laterizi e cemento
1893-1895
Identificazione e selezione dei lieviti dalle uve
Defecazione del mosto mutizzato con SO2 
Chiarifica del mosto per centrifugazione (Forti)
Federico Martinotti brevetta il suo “Apparecchio a lavorazione continua” degli Spumanti
1888-1889
Studio degli accettori di SO2 nel mosto
Fermentazione con lieviti selezionati (Passerini)
Pastorizzazione del mosto (Kayser e Barba)
Fabbricazione meccanizzata delle bottiglie (Owens)
1900
Torchio idraulico

Torchio a contrappesi
Filtri pressa a tele
1902-1905
Studi sull’effetto selettivo esercitato dalla SO2
Filtri a strati
1908
Identificazione dei fermenti lattici (Seifert)
1910
Sgrondatori continui rotativi

Filtrazione sterilizzante a cartoni

1911
Produzione di lieviti essiccati (Astruc)
Dégorgement con congelazione
1918-1920
Concentrazione del mosto a pressione ridotta
Raffreddamento per aspersione
Elettrificazione delle macchine di pigiatura
Centrifughe a camere
1922
Tini a rimontaggio automatico (tini anfora)
1925-1929
Vasi vinari in ferro smaltato

Torchi idraulici con accumulatore
Trattamento termico delle uve intere (Thermograppe)
Imbottigliatrice a rubinetti
 1930
Frollatura con aria compressa (Köth)

Torchi continui a vite senza fine

Filtri ad alluvionaggio con prefiltro
1940
Presse orizzontali a vite interna ed esterna
Crioconcentrazione del mosto
Stabilizzazione a freddo con scambiatore a corpo raschiante 
1950
Trattamento termico del pigiato
1952
Fermentazione sotto pressione (sistema Klenk)
1955-1958
Refrigerazione in cella
Fermentatori automatici
1960
Fermentazione termocondizionata con circuito esterno (scambiatore tubolare)
Trattamenti con enzimi pectolitici
Presse continue a nastro
Valvolame a telcomando pneumatico
1962-1965
Fermentatori in continuo
Dealcolizzazione a pressione ridotta
1967
Termocondizionamento con recipienti a doppia parete
Ultrafiltrazione di liquidi alimentari (Morgan)
1970
Automazione della spremitura discontinua
Sgrondatori statici in atmosfera di gas inerti
1974
Termocondizionamento con scambiatore a piastre
Filtrazione sterilizzante a membrana
Ultrafiltrazione, Osmosi Inversa e Processi per membrana sul mosto e sul vino
1975
Vinificatore rotativo
Estrazione centrifuga del mosto
Presse a membrana pneumatiche ed idrauliche
1978
Delestage
Confezioni a perdere in accoppiato di polietilene + cartone
1980
Termoregolazione con programmatore
Confezionamento in lattina di allumino
1982
Informatica in cantina
Microprocessori per gestione magazzino
1983-1988
Termovinificazione
Novità nella fase prefermentativa
Confezione in TEF
1990-1994
Biotecnologie applicate al vino
Flottazione
Tappi sintetici
1995-1997
Flash Detente
Stabilizzazione tartarica per elettrodialisi
 1999-2000
Polisaccaridi e aromi
Macro Ossigenazione del mosto
Microssigenazione del vino, il legno e la maturazione del vino

Illustrazioni riguardanti la produzione del vino e suoi derivati.